Brano 40
"Ragazzo… svegliati, svegliati!” urlò una voce. “Vuoi finire in fondo al viadotto?!”
“Ho sonno, sono a pezzi, sono stanco, molto stanco”, disse l’altra voce, nella sua mente.
"Dai, tirati su!” gli urlò nelle orecchie un barbone, sbucato da un mucchio di copertoni marci, vicini ad una baracca di legno.
"Oh!” sbalordì Lupo, trovandosi seduto con le gambe penzoloni da un viadotto abbandonato in una zona del geenna di Torino. “Devo essermi addormentato e stavo per cadere di sotto.”
“Ragazzo, cosa ci fa un damerino in un postaccio come questo, tra macerie e rifiuti?”
“Ieri sera devo aver bevuto troppo e…”
Lupo era sconvolto, pallido, emaciato. Alzò la testa e guardò l’uomo, indossava stracci colorati che puzzavano come un campo di concentramento.
“Hai la Carta d’Identificazione?”
“Bleah, cazzo vuoi?” Nulla di più chiaro.
L’uomo estrasse la sua: “Commissario Oscar Peressi, e tu chi sei? Vuoi un tramezzino?”, disse Peressi, affondando una mano in un sacchetto unto.
“No grazie, ho lo stomaco nel cervello.”
“Allora, giovanotto, cosa ti è successo?
Lupo lo guardò dal basso in alto, poi si alzò barcollando, si grattò la testa e rispose: “Non ricordo… devo aver bevuto troppo, poi ho avuto degli incubi. Un ospedale o cosa era, infermieri, lettiga, le analisi, i vampiri…”
Si prese la testa fra le mani e scoppiò a piangere.
Peressi domandò: “Il tuo nome almeno te lo ricordi?”
“Lupo….”
“Ti hanno rapito.”
“Come fa a saperlo?”
“Se non lo so io… la tua scomparsa è stata denunciata poche ore fa.”
“Ma lei chi è?”
“Te l’ho detto, commissario Peressi.”
“Ma puzza come una capra?!”
“Travestimento. Per indagare sulle centinaia di scomparsi dobbiamo cercare indizi soprattutto nei ghetti e fuori dal centro storico. Non è salutare neanche per un poliziotto girare vestito da persona civile in questi postacci. Ricordi le facce dei tuoi rapitori?”
“Mostruose.”
“Sicuramente. Ma per essere più precisi?...”
“Non so, ho una confusione di voci nella testa…”
“Non preoccuparti, adesso cerca di calmarti. Rimettiamo l’attrezzo biologico in strada e si va.”
“In che senso?”
“Ti scortiamo…” disse Peressi.
“Dove?”
“Diciamo… in questura, ti va?”
“Ma io non abito lì.”
Peressi azionò un dispositivo elettronico e dal fondo della discarica comparvero tre macchine della polizia. “Non potrei mai rifiutare un passaggio a un povero ragazzo ricco, senza soldi, senza Carta d’Identificazione e assiderato.”
Lupo non ebbe il tempo di capire, che si ritrovò seduto in macchina. I poliziotti gli sorridevano.
“Sono stanco, è tutto così sconnesso. Sono molto stanco, non ricordo niente…” disse la voce nella sua mente.
Dopo qualche minuto Peressi ci riprovò, deformazione professionale: “Dove ti hanno portato, chi sono, da dove arrivano?”
“Io credo, credo… da Jaren, commissario, da Jaren.”
“Ah, francesi, Jaren è vicino a Chambéry, mi sembra.”
“No, commissario… Alpha Reticoli IV.”
“Cos’è, uno di quei nuovi quartieri impiegatizi del cazzo vicino al Centro Vercelli?”
“Non proprio… è un sistema stellare, commissario.”
La voce nella mente del ragazzo divenne insistente e angosciosa: “Che dolore insopportabile! Non posso resistere, non posso parlare, mi prenderanno per pazzo, l’angoscia mi sta uccidendo…”
“Commissario mi lasci stare, sono esausto, è tutto così caotico, il cuore! Il cuore sta accelerando, mi scoppia in gola! Aprite i finestrini, presto!!”
“Un sistema stellare? Vorresti dire che erano marziani?”
“Fermatevi, devo vomitare, accostate, presto!”
"Ragazzo… svegliati, svegliati!” urlò una voce. “Vuoi finire in fondo al viadotto?!”
“Ho sonno, sono a pezzi, sono stanco, molto stanco”, disse l’altra voce, nella sua mente.
"Dai, tirati su!” gli urlò nelle orecchie un barbone, sbucato da un mucchio di copertoni marci, vicini ad una baracca di legno.
"Oh!” sbalordì Lupo, trovandosi seduto con le gambe penzoloni da un viadotto abbandonato in una zona del geenna di Torino. “Devo essermi addormentato e stavo per cadere di sotto.”
“Ragazzo, cosa ci fa un damerino in un postaccio come questo, tra macerie e rifiuti?”
“Ieri sera devo aver bevuto troppo e…”
Lupo era sconvolto, pallido, emaciato. Alzò la testa e guardò l’uomo, indossava stracci colorati che puzzavano come un campo di concentramento.
“Hai la Carta d’Identificazione?”
“Bleah, cazzo vuoi?” Nulla di più chiaro.
L’uomo estrasse la sua: “Commissario Oscar Peressi, e tu chi sei? Vuoi un tramezzino?”, disse Peressi, affondando una mano in un sacchetto unto.
“No grazie, ho lo stomaco nel cervello.”
“Allora, giovanotto, cosa ti è successo?
Lupo lo guardò dal basso in alto, poi si alzò barcollando, si grattò la testa e rispose: “Non ricordo… devo aver bevuto troppo, poi ho avuto degli incubi. Un ospedale o cosa era, infermieri, lettiga, le analisi, i vampiri…”
Si prese la testa fra le mani e scoppiò a piangere.
Peressi domandò: “Il tuo nome almeno te lo ricordi?”
“Lupo….”
“Ti hanno rapito.”
“Come fa a saperlo?”
“Se non lo so io… la tua scomparsa è stata denunciata poche ore fa.”
“Ma lei chi è?”
“Te l’ho detto, commissario Peressi.”
“Ma puzza come una capra?!”
“Travestimento. Per indagare sulle centinaia di scomparsi dobbiamo cercare indizi soprattutto nei ghetti e fuori dal centro storico. Non è salutare neanche per un poliziotto girare vestito da persona civile in questi postacci. Ricordi le facce dei tuoi rapitori?”
“Mostruose.”
“Sicuramente. Ma per essere più precisi?...”
“Non so, ho una confusione di voci nella testa…”
“Non preoccuparti, adesso cerca di calmarti. Rimettiamo l’attrezzo biologico in strada e si va.”
“In che senso?”
“Ti scortiamo…” disse Peressi.
“Dove?”
“Diciamo… in questura, ti va?”
“Ma io non abito lì.”
Peressi azionò un dispositivo elettronico e dal fondo della discarica comparvero tre macchine della polizia. “Non potrei mai rifiutare un passaggio a un povero ragazzo ricco, senza soldi, senza Carta d’Identificazione e assiderato.”
Lupo non ebbe il tempo di capire, che si ritrovò seduto in macchina. I poliziotti gli sorridevano.
“Sono stanco, è tutto così sconnesso. Sono molto stanco, non ricordo niente…” disse la voce nella sua mente.
Dopo qualche minuto Peressi ci riprovò, deformazione professionale: “Dove ti hanno portato, chi sono, da dove arrivano?”
“Io credo, credo… da Jaren, commissario, da Jaren.”
“Ah, francesi, Jaren è vicino a Chambéry, mi sembra.”
“No, commissario… Alpha Reticoli IV.”
“Cos’è, uno di quei nuovi quartieri impiegatizi del cazzo vicino al Centro Vercelli?”
“Non proprio… è un sistema stellare, commissario.”
La voce nella mente del ragazzo divenne insistente e angosciosa: “Che dolore insopportabile! Non posso resistere, non posso parlare, mi prenderanno per pazzo, l’angoscia mi sta uccidendo…”
“Commissario mi lasci stare, sono esausto, è tutto così caotico, il cuore! Il cuore sta accelerando, mi scoppia in gola! Aprite i finestrini, presto!!”
“Un sistema stellare? Vorresti dire che erano marziani?”
“Fermatevi, devo vomitare, accostate, presto!”