Brano 35
Il richiamo acustico del multivisore portatile la fece trasalire: tre squilli, poi il silenzio. "Calmati, Isabella! Hai tutta la giornata per ritrovare l’erotomane ignoto e la piramide” pensò, immergendosi in un vapore di costosissimo profumo cinese.
Stava per uscire, quando il telefonino riprese a squillare. Scattò come una molla: “Pronto, chi è?”
Fu scossa da un brivido che le fece accapponare la pelle.
Una voce maschile roca e volitiva l’aveva invitata a presentarsi subito da Ahra Manyu con il programma. Aveva capito perfettamente che cosa intendessero per programma, ma lei lo aveva perso.
Era scesa di corsa. Una vettura presidenziale scura la stava aspettando davanti all’ingresso del Grand Hotel. Tutto sembrava facile, ma in realtà tutto era diventato difficilissimo. Si sentiva prigioniera. L’autista le aprì la porta con estrema gentilezza, suggerendole con un cenno di accomodarsi sul sedile posteriore, oscurò completamente i vetri della vettura, facendo poi scendere una cortina fra la parte anteriore e quella posteriore, perché la donna non vedesse dove la stava conducendo, poi si mise al volante. Accese il sistema di navigazione satellitare, innestò la prima e partì, lentamente, sicuro, fendendo la nebbia sempre più spessa. Si vedeva poco, quasi niente. Sul lungo mare, sui viali, sui bei palazzi del centro era calato un sipario d’ovatta. Lambirono l’Arco d’Augusto: l’acqua del Marecchia era stata risucchiata nella nebbia. In breve oltrepassarono la cerchia della città ufficiale… oltre, ai bordi delle strade, si ammassavano catapecchie, tende, spazzatura, stabilimenti industriali in sfacelo, macerie prodotte dagli attentati terroristici, carcasse d’automobili, donne e bambini che vagavano nella nebbia disorientati. I poliziotti, mitra in spalla, scrutavano tutti come malviventi. L’auto imboccò un vicolo e si inabissò sotto terra, percorrendo una rampa in discesa. Era un parcheggio sotterraneo, apparentemente abbandonato. Primo, secondo, terzo… decimo livello. L’autista frenò, fermandosi su un’ampia plancia metallica. La discesa continuò, lenta e inesorabile. Era un montacarichi. Dopo qualche minuto si trovarono al centro di una vasta piazza illuminata artificialmente.
“Buon giorno, sono le dieci del 23 Luglio 2000 e oltre, come concordato. La temperatura esterna è di 38°, quella interna di 22°, cielo nuvoloso, nebbia diffusa, percentuale di raggi ultra violetti 48% per metro cubo d’aria. Schermatura anti radiazioni, anti gas…” poetava cordiale il sistema invisibile della casa. Ahra Manyu si alzò dalla sua poltrona preferita, poggiandosi ad un bastone da passeggio a luce laser solida. Fece qualche passo a fatica, zoppicando dalla gamba destra. Una smorfia di compiacimento gli dipinse le labbra: “Finalmente ci conosciamo, Isabella.”
La donna pietrificò davanti a quella creatura strana, non certo bella ma dai lineamenti particolari, che emanavano un fascino iniquo. Lo aveva visto innumerevoli volte in foto, al cinema, sul multivisore, il benefattore del mondo. Non avrebbe mai pensato di incontrarlo nella più totale intimità. Adesso doveva consegnargli la piramide, senza che lui gliela chiedesse. La missione era terminata, doveva dargliela, restando sull’attenti, in attesa. L’uomo era tranquillissimo, quasi catatonico.
“Perfetto, mi hanno appena sganciato tremila e ottocento miliardi di bit crediti!” disse orgoglioso, guardando il multivisore: una parete di cristallo specchiante di quattro metri per quattro. Le quotazioni dell’unica borsa mondiale, sfilavano velocissime di fronte a lui.
Sbadigliò e si avvicinò ad Isabella: "Le va di bere qualcosa?"
“No, grazie. Bere a stomaco vuoto non è il modo migliore per smaltire il disagio…”
“Igienista, e… coraggiosa. Rifiuta un mio invito? Insisto, dovrebbe mettere qualcosa nello stomaco.”
“Dipende da cosa” osservò Isabella.
“Giusto, un whisky sarebbe fatale, non crede?”
“Sì.”
“Una tazza di tè al burro?”
“Non vorrei disturbare.”
“Ho capito, non le piace. Allora… acqua distillata al caprifoglio, è molto elegante, velenosa e un po’ allucinogena. Due calici d’acqua distillata!” gridò. In un attimo il sistema invisibile di controllo si premurò di far giungere i due calici, che levitarono come per magia nella stanza.
Le porse una coppa che non poteva rifiutare. Brindarono in silenzio, Ahra Manyu sorrise, Isabella non afferrava. In pochi secondi la gentilezza cedette il passo ad un ghigno ossessivo: “Isabella! Lei… lei… è divertente, una pazza, sventata, che si sollazza col fuoco, oh come brucia il fuoco, Isabella, lei non sa ancora… non capisce in che guai si è cacciata, brutta puttana, arrivista, senza scrupoli: disordinata! Lei ha perso la piramide!”
“Come fa a saperlo?”
“Io so tutto. La recupereremo entro poche ore. Ho voluto metterla alla prova, ma lei ha fallito, si è ustionata con le sue mani, per distrazione, per fare del sesso in un cesso sordido. Lei pensava di venirne fuori per magia, ma non sapeva quali forze sono coinvolte nel gioco!”
“Un po’ strega lo sono...”
“Bene! Allora… al rogo! Al rogo! Fuoco, fuoco, fuoco!!!” gridò l’uomo, diventando rosso come un gambero, mentre i nervi e le vene del suo collo e del viso sembrarono esplodere.
Isabella iniziò ad accusare difficoltà nella respirazione e avvertì una sequenza di vibrazioni che s’infilavano sotto pelle.
La sensazione crebbe, insieme al calore e all’eccitazione. Terrorizzata, cadde a sedere tra i cuscini di velluto del divano rosso e si coprì la faccia. Si guardò i piedi doloranti e vide le scarpe di vernice, le calze e la gonna coperte di sangue. Avvertì un dolore lancinante nelle parti intime, e il fiotto di sangue divenne una cascata, che invase il pavimento.
“Sangue di donna, è mio, solo mio! Se non obbedirai lo berrò tutto! Un piacere immenso, un orgasmo di felicità”, sibilò Arha Manyu.
Isabella balzò in piedi urlando convulsamente, ma le sue grida parevano cadere in un sordo tonfo.
“Calmati, adesso tranquillizzati”, disse lui, stringendola a sé, ed accarezzandole i capelli. “Non è successo niente, calmati, la paura fa brutti scherzi.”
Isabella si ricompose. I suoi nervi iniziarono a rilassarsi, cedendo il posto alle lacrime. Si mise a sedere e capì d’aver vissuto un’illusione; non c’era sangue sul pavimento.
“Cosa mi è successo?”
“Benvenuta nel terzo livello della base Betelgeuse II. Usando il transfer mentale ho fatto tuoi i miei pensieri, proiettandoli nella tua mente con l’impiego di vibrazioni speciali.”
Sul gigantesco multivisore comparve una pioggia dorata.
“Guarda, dopo l’esperimento d’asservimento, voglio mostrarti uno spettacolo molto realistico”, disse l’uomo.
Lo sfarfallio durò qualche secondo, poi sparì. Isabella vide i propri occhi sullo schermo. La scrutavano ansiosi. Dissolsero, diventando un grandioso panorama dei Monti Urali innevati.
“Cara bambina, tu non puoi scherzare con me. Io, sono l’incarnazione delle profezie. Abito da millenni nei libri sacri, io sono il Re che viene per guidare il mondo, e nessuno mi fermerà.”
Isabella lo guardò inebetita ed ammirata.
“Senza la Carta d'Identificazione Globale è già difficile vendere, comprare e fare transazioni commerciali in modo tradizionale”, disse la donna.
“Questo è nulla! Presto sarà impossibile, e chi ripudierà il Nuovo Ordine Mondiale sarà rinchiuso in appositi centri per la salute mentale.” Rise sguaiatamente. Fuori di me non si potrà più vivere.”
“Ma i milioni di poveri che vivono per le strade, nelle baracche, nelle zone of limits? Sono incontrollabili, cosa se ne fanno di una Carta d’Identificazione Globale? Ormai sono stati espulsi dal ciclo produttivo.”
“Ho pensato anche alla loro beatitudine. I soggetti sani riceveranno il dono dell’impianto elettronico di controllo, che li istruirà per i lavori più umilianti. Gli altri spariranno dalla faccia della terra perché la povertà non esisterà più. Non hai studiato la storia recente, bambina?
Abbiamo eccellenti modelli da seguire: Robespierre, Hitler, Stalin, Pinochet, Pol Pott, Videla, Mao Dze Dong, e tantissimi presidenti americani, come Nixon, Bush, Obama!”
“Ottimi esempi, ma poco incisivi”, disse Isabella, mascherando l’orrore che l’attanagliava.
“Hai ragione, musetto ibrido. I padri fondatori hanno sperimentato, indicandoci la strada del teschio e delle tibie, seppur con ambizioni troppo modeste. Rockefeller, Harriman, Weyerhaeuser Sloane Pillsbury Davison, Payne… pensa in grande, invece! Immagina i lager nazisti, gli squadroni della morte, i desparecidos, su scala mondiale!” Calde lacrime di commozione iniziarono a rigargli il volto, accompagnate da un pianto leggero che divenne un singulto.
“Io sono un uomo di cuore, integro, retto e onesto. Sono un conformista, ecco tutto: mi vedo costretto a questa operazione maltusiana! Ci sono troppe bocche da sfamare, che vivono perché sono nate, mangiano per vivere e maledico il lavoro senza il coraggio di rifiutare la vita. E’ ora di pagare la decina delle anime per la ripulitura della terra.”
Il richiamo acustico del multivisore portatile la fece trasalire: tre squilli, poi il silenzio. "Calmati, Isabella! Hai tutta la giornata per ritrovare l’erotomane ignoto e la piramide” pensò, immergendosi in un vapore di costosissimo profumo cinese.
Stava per uscire, quando il telefonino riprese a squillare. Scattò come una molla: “Pronto, chi è?”
Fu scossa da un brivido che le fece accapponare la pelle.
Una voce maschile roca e volitiva l’aveva invitata a presentarsi subito da Ahra Manyu con il programma. Aveva capito perfettamente che cosa intendessero per programma, ma lei lo aveva perso.
Era scesa di corsa. Una vettura presidenziale scura la stava aspettando davanti all’ingresso del Grand Hotel. Tutto sembrava facile, ma in realtà tutto era diventato difficilissimo. Si sentiva prigioniera. L’autista le aprì la porta con estrema gentilezza, suggerendole con un cenno di accomodarsi sul sedile posteriore, oscurò completamente i vetri della vettura, facendo poi scendere una cortina fra la parte anteriore e quella posteriore, perché la donna non vedesse dove la stava conducendo, poi si mise al volante. Accese il sistema di navigazione satellitare, innestò la prima e partì, lentamente, sicuro, fendendo la nebbia sempre più spessa. Si vedeva poco, quasi niente. Sul lungo mare, sui viali, sui bei palazzi del centro era calato un sipario d’ovatta. Lambirono l’Arco d’Augusto: l’acqua del Marecchia era stata risucchiata nella nebbia. In breve oltrepassarono la cerchia della città ufficiale… oltre, ai bordi delle strade, si ammassavano catapecchie, tende, spazzatura, stabilimenti industriali in sfacelo, macerie prodotte dagli attentati terroristici, carcasse d’automobili, donne e bambini che vagavano nella nebbia disorientati. I poliziotti, mitra in spalla, scrutavano tutti come malviventi. L’auto imboccò un vicolo e si inabissò sotto terra, percorrendo una rampa in discesa. Era un parcheggio sotterraneo, apparentemente abbandonato. Primo, secondo, terzo… decimo livello. L’autista frenò, fermandosi su un’ampia plancia metallica. La discesa continuò, lenta e inesorabile. Era un montacarichi. Dopo qualche minuto si trovarono al centro di una vasta piazza illuminata artificialmente.
“Buon giorno, sono le dieci del 23 Luglio 2000 e oltre, come concordato. La temperatura esterna è di 38°, quella interna di 22°, cielo nuvoloso, nebbia diffusa, percentuale di raggi ultra violetti 48% per metro cubo d’aria. Schermatura anti radiazioni, anti gas…” poetava cordiale il sistema invisibile della casa. Ahra Manyu si alzò dalla sua poltrona preferita, poggiandosi ad un bastone da passeggio a luce laser solida. Fece qualche passo a fatica, zoppicando dalla gamba destra. Una smorfia di compiacimento gli dipinse le labbra: “Finalmente ci conosciamo, Isabella.”
La donna pietrificò davanti a quella creatura strana, non certo bella ma dai lineamenti particolari, che emanavano un fascino iniquo. Lo aveva visto innumerevoli volte in foto, al cinema, sul multivisore, il benefattore del mondo. Non avrebbe mai pensato di incontrarlo nella più totale intimità. Adesso doveva consegnargli la piramide, senza che lui gliela chiedesse. La missione era terminata, doveva dargliela, restando sull’attenti, in attesa. L’uomo era tranquillissimo, quasi catatonico.
“Perfetto, mi hanno appena sganciato tremila e ottocento miliardi di bit crediti!” disse orgoglioso, guardando il multivisore: una parete di cristallo specchiante di quattro metri per quattro. Le quotazioni dell’unica borsa mondiale, sfilavano velocissime di fronte a lui.
Sbadigliò e si avvicinò ad Isabella: "Le va di bere qualcosa?"
“No, grazie. Bere a stomaco vuoto non è il modo migliore per smaltire il disagio…”
“Igienista, e… coraggiosa. Rifiuta un mio invito? Insisto, dovrebbe mettere qualcosa nello stomaco.”
“Dipende da cosa” osservò Isabella.
“Giusto, un whisky sarebbe fatale, non crede?”
“Sì.”
“Una tazza di tè al burro?”
“Non vorrei disturbare.”
“Ho capito, non le piace. Allora… acqua distillata al caprifoglio, è molto elegante, velenosa e un po’ allucinogena. Due calici d’acqua distillata!” gridò. In un attimo il sistema invisibile di controllo si premurò di far giungere i due calici, che levitarono come per magia nella stanza.
Le porse una coppa che non poteva rifiutare. Brindarono in silenzio, Ahra Manyu sorrise, Isabella non afferrava. In pochi secondi la gentilezza cedette il passo ad un ghigno ossessivo: “Isabella! Lei… lei… è divertente, una pazza, sventata, che si sollazza col fuoco, oh come brucia il fuoco, Isabella, lei non sa ancora… non capisce in che guai si è cacciata, brutta puttana, arrivista, senza scrupoli: disordinata! Lei ha perso la piramide!”
“Come fa a saperlo?”
“Io so tutto. La recupereremo entro poche ore. Ho voluto metterla alla prova, ma lei ha fallito, si è ustionata con le sue mani, per distrazione, per fare del sesso in un cesso sordido. Lei pensava di venirne fuori per magia, ma non sapeva quali forze sono coinvolte nel gioco!”
“Un po’ strega lo sono...”
“Bene! Allora… al rogo! Al rogo! Fuoco, fuoco, fuoco!!!” gridò l’uomo, diventando rosso come un gambero, mentre i nervi e le vene del suo collo e del viso sembrarono esplodere.
Isabella iniziò ad accusare difficoltà nella respirazione e avvertì una sequenza di vibrazioni che s’infilavano sotto pelle.
La sensazione crebbe, insieme al calore e all’eccitazione. Terrorizzata, cadde a sedere tra i cuscini di velluto del divano rosso e si coprì la faccia. Si guardò i piedi doloranti e vide le scarpe di vernice, le calze e la gonna coperte di sangue. Avvertì un dolore lancinante nelle parti intime, e il fiotto di sangue divenne una cascata, che invase il pavimento.
“Sangue di donna, è mio, solo mio! Se non obbedirai lo berrò tutto! Un piacere immenso, un orgasmo di felicità”, sibilò Arha Manyu.
Isabella balzò in piedi urlando convulsamente, ma le sue grida parevano cadere in un sordo tonfo.
“Calmati, adesso tranquillizzati”, disse lui, stringendola a sé, ed accarezzandole i capelli. “Non è successo niente, calmati, la paura fa brutti scherzi.”
Isabella si ricompose. I suoi nervi iniziarono a rilassarsi, cedendo il posto alle lacrime. Si mise a sedere e capì d’aver vissuto un’illusione; non c’era sangue sul pavimento.
“Cosa mi è successo?”
“Benvenuta nel terzo livello della base Betelgeuse II. Usando il transfer mentale ho fatto tuoi i miei pensieri, proiettandoli nella tua mente con l’impiego di vibrazioni speciali.”
Sul gigantesco multivisore comparve una pioggia dorata.
“Guarda, dopo l’esperimento d’asservimento, voglio mostrarti uno spettacolo molto realistico”, disse l’uomo.
Lo sfarfallio durò qualche secondo, poi sparì. Isabella vide i propri occhi sullo schermo. La scrutavano ansiosi. Dissolsero, diventando un grandioso panorama dei Monti Urali innevati.
“Cara bambina, tu non puoi scherzare con me. Io, sono l’incarnazione delle profezie. Abito da millenni nei libri sacri, io sono il Re che viene per guidare il mondo, e nessuno mi fermerà.”
Isabella lo guardò inebetita ed ammirata.
“Senza la Carta d'Identificazione Globale è già difficile vendere, comprare e fare transazioni commerciali in modo tradizionale”, disse la donna.
“Questo è nulla! Presto sarà impossibile, e chi ripudierà il Nuovo Ordine Mondiale sarà rinchiuso in appositi centri per la salute mentale.” Rise sguaiatamente. Fuori di me non si potrà più vivere.”
“Ma i milioni di poveri che vivono per le strade, nelle baracche, nelle zone of limits? Sono incontrollabili, cosa se ne fanno di una Carta d’Identificazione Globale? Ormai sono stati espulsi dal ciclo produttivo.”
“Ho pensato anche alla loro beatitudine. I soggetti sani riceveranno il dono dell’impianto elettronico di controllo, che li istruirà per i lavori più umilianti. Gli altri spariranno dalla faccia della terra perché la povertà non esisterà più. Non hai studiato la storia recente, bambina?
Abbiamo eccellenti modelli da seguire: Robespierre, Hitler, Stalin, Pinochet, Pol Pott, Videla, Mao Dze Dong, e tantissimi presidenti americani, come Nixon, Bush, Obama!”
“Ottimi esempi, ma poco incisivi”, disse Isabella, mascherando l’orrore che l’attanagliava.
“Hai ragione, musetto ibrido. I padri fondatori hanno sperimentato, indicandoci la strada del teschio e delle tibie, seppur con ambizioni troppo modeste. Rockefeller, Harriman, Weyerhaeuser Sloane Pillsbury Davison, Payne… pensa in grande, invece! Immagina i lager nazisti, gli squadroni della morte, i desparecidos, su scala mondiale!” Calde lacrime di commozione iniziarono a rigargli il volto, accompagnate da un pianto leggero che divenne un singulto.
“Io sono un uomo di cuore, integro, retto e onesto. Sono un conformista, ecco tutto: mi vedo costretto a questa operazione maltusiana! Ci sono troppe bocche da sfamare, che vivono perché sono nate, mangiano per vivere e maledico il lavoro senza il coraggio di rifiutare la vita. E’ ora di pagare la decina delle anime per la ripulitura della terra.”