Brano 14
Paolo Garibaldi entrò nella Curia Metropolitana. Lo affiancai subito unendomi, invisibile, alla scorta discreta, che lo accompagnò ai piani superiori. Le massicce porte di legno del salone d’onore si spalancarono.
In fondo alla stanza, attorno ad un tavolo gigantesco, sedevano due prelati. L’uomo avanzò lentamente, con la fronte ingioiellata di sudore. Il vescovo lo accolse con austera benevolenza: “Ingegner Garibaldi, si accomodi. Lei sa il motivo della convocazione?”
L’uomo annuì, imbarazzato, non riuscendo a distoglier lo sguardo da quell’ospite inatteso.
“Sua santità, sta bene? Non avevamo più notizie di voi, temevamo per la vostra incolumità: le trattative con la Russia?”
“Niente trattative, devo nascondermi, per ora. Veniamo al fatto, ingegnere.”
“Santo Padre, il sistema di sicurezza non ha funzionato. Padre Juan Carlos Pereira è morto e sono stati trafugati oggetti importanti.”
“Non ho parole. Nessuno poteva arrivare all’ipogeo, è considerato una leggenda.”
“Ma lei, ingegnere capo dei nostri servizi di sicurezza, cosa ne pensa?”
“Monsignore, ho preso tutte le precauzioni, nonostante l’estrema segretezza del luogo.”
“Avrebbe dovuto prenderne di più”, concluse il secondo prelato, rubando la parola al Vescovo. E proseguì: “Ora dovrà ricondurre all’ovile la pecorella smarrita.”
“Eccellenza, ben sapete che non conoscevo la natura dei tesori custoditi. Mi limitavo a svolgere le procedure di sorveglianza. Solo Padre Pereira aveva accesso alla stanza segreta. Io non saprei proprio com’entrarvi.”
“Si calmi. Vorremmo mostrarle qualcosa.”
Buio, un fascio di luce, e iniziò una stravagante proiezione tridimensionale. Apparve un uomo in camice bianco, all’interno di un imprecisato laboratorio scientifico. Mostrò all’obiettivo alcuni frammenti metallici. Iniziò a parlare pacatamente.
“Salve, sono il professor Max Oddluve. Questa registrazione è stata realizzata in ambiente sterile, non contaminato da informatori telematici.”
“La Santa Sede mi fece pervenire questi frammenti metallici e la piccola piramide a base quadrata, che vi sto mostrando, per analizzarli.”
“Ho esaminato i resti al microscopio elettronico: l’analisi ha evidenziato che il materiale è formato da due epidermidi. Ogni frammento ha un lato scintillante ed un lato scuro, opaco… osservate i bordi ingranditi e i numerosi strati metallici che costituiscono le epidermidi…”
“In seguito, la spettroscopia ad energia dispersiva ha permesso di determinare la loro composizione elementare e di fotografarne la struttura, sino a frazioni di micron. Questo è il lato argenteo, che contiene il 90% circa di magnesio e il 10% di zinco. Non ho rilevato traccia di zirconio, molto usato nelle leghe magnesio/zinco.”
Lo scienziato proseguì, sempre più partecipe: “Il lato bruno contiene bismuto. Tutti i frammenti presentano circa 25 strati alterni, quelli di bismuto puro raggiungono una media da 1 a 4 micron, quelli di Magnesio/Zinco una media da 100 a 200 micron. Impossibile una produzione terrestre, con la tecnologia ufficialmente nota!”
“Vorrei ricordare che il bismuto, metallo duro e fragile, il cui numero periodico sulla tabella degli elementi è 83, è insensibile agli attacchi dell’acido cloridrico e solo in minima parte reattivo all’acido solforico caldo, inoltre è uno dei pochi metalli capaci di dilatazione, se raffreddato. Esso, infatti, è impiegato nella refrigerazione dei reattori nucleari. Possiede, inoltre, una capacità diamagnetica superiore a qualsiasi altro metallo, che lo rende impenetrabile alle linee radianti dei campi magnetici.
Nei frammenti in questione le percentuali dell‘isotopo nel Magnesio sono insolite. Sappiamo che il Magnesio è composto per l‘80% di Mg24, vale a dire che in ogni atomo di Magnesio coesistono 12 protoni e 12 neutroni, mentre il restante 20% è diviso tra Mg25 e Mg26. Nei frammenti e nel dischetto la presenza di MG26 è incredibilmente maggiore di quella del Mg24 e Mg25. L‘esame per la determinazione dell‘isotopo nel Mg ha rivelato che il materiale di Bi/Mg emette ioni, sessanta volte più positivi rispetto a quelli emessi dal Magnesio puro, da noi conosciuto.
Paolo Garibaldi entrò nella Curia Metropolitana. Lo affiancai subito unendomi, invisibile, alla scorta discreta, che lo accompagnò ai piani superiori. Le massicce porte di legno del salone d’onore si spalancarono.
In fondo alla stanza, attorno ad un tavolo gigantesco, sedevano due prelati. L’uomo avanzò lentamente, con la fronte ingioiellata di sudore. Il vescovo lo accolse con austera benevolenza: “Ingegner Garibaldi, si accomodi. Lei sa il motivo della convocazione?”
L’uomo annuì, imbarazzato, non riuscendo a distoglier lo sguardo da quell’ospite inatteso.
“Sua santità, sta bene? Non avevamo più notizie di voi, temevamo per la vostra incolumità: le trattative con la Russia?”
“Niente trattative, devo nascondermi, per ora. Veniamo al fatto, ingegnere.”
“Santo Padre, il sistema di sicurezza non ha funzionato. Padre Juan Carlos Pereira è morto e sono stati trafugati oggetti importanti.”
“Non ho parole. Nessuno poteva arrivare all’ipogeo, è considerato una leggenda.”
“Ma lei, ingegnere capo dei nostri servizi di sicurezza, cosa ne pensa?”
“Monsignore, ho preso tutte le precauzioni, nonostante l’estrema segretezza del luogo.”
“Avrebbe dovuto prenderne di più”, concluse il secondo prelato, rubando la parola al Vescovo. E proseguì: “Ora dovrà ricondurre all’ovile la pecorella smarrita.”
“Eccellenza, ben sapete che non conoscevo la natura dei tesori custoditi. Mi limitavo a svolgere le procedure di sorveglianza. Solo Padre Pereira aveva accesso alla stanza segreta. Io non saprei proprio com’entrarvi.”
“Si calmi. Vorremmo mostrarle qualcosa.”
Buio, un fascio di luce, e iniziò una stravagante proiezione tridimensionale. Apparve un uomo in camice bianco, all’interno di un imprecisato laboratorio scientifico. Mostrò all’obiettivo alcuni frammenti metallici. Iniziò a parlare pacatamente.
“Salve, sono il professor Max Oddluve. Questa registrazione è stata realizzata in ambiente sterile, non contaminato da informatori telematici.”
“La Santa Sede mi fece pervenire questi frammenti metallici e la piccola piramide a base quadrata, che vi sto mostrando, per analizzarli.”
“Ho esaminato i resti al microscopio elettronico: l’analisi ha evidenziato che il materiale è formato da due epidermidi. Ogni frammento ha un lato scintillante ed un lato scuro, opaco… osservate i bordi ingranditi e i numerosi strati metallici che costituiscono le epidermidi…”
“In seguito, la spettroscopia ad energia dispersiva ha permesso di determinare la loro composizione elementare e di fotografarne la struttura, sino a frazioni di micron. Questo è il lato argenteo, che contiene il 90% circa di magnesio e il 10% di zinco. Non ho rilevato traccia di zirconio, molto usato nelle leghe magnesio/zinco.”
Lo scienziato proseguì, sempre più partecipe: “Il lato bruno contiene bismuto. Tutti i frammenti presentano circa 25 strati alterni, quelli di bismuto puro raggiungono una media da 1 a 4 micron, quelli di Magnesio/Zinco una media da 100 a 200 micron. Impossibile una produzione terrestre, con la tecnologia ufficialmente nota!”
“Vorrei ricordare che il bismuto, metallo duro e fragile, il cui numero periodico sulla tabella degli elementi è 83, è insensibile agli attacchi dell’acido cloridrico e solo in minima parte reattivo all’acido solforico caldo, inoltre è uno dei pochi metalli capaci di dilatazione, se raffreddato. Esso, infatti, è impiegato nella refrigerazione dei reattori nucleari. Possiede, inoltre, una capacità diamagnetica superiore a qualsiasi altro metallo, che lo rende impenetrabile alle linee radianti dei campi magnetici.
Nei frammenti in questione le percentuali dell‘isotopo nel Magnesio sono insolite. Sappiamo che il Magnesio è composto per l‘80% di Mg24, vale a dire che in ogni atomo di Magnesio coesistono 12 protoni e 12 neutroni, mentre il restante 20% è diviso tra Mg25 e Mg26. Nei frammenti e nel dischetto la presenza di MG26 è incredibilmente maggiore di quella del Mg24 e Mg25. L‘esame per la determinazione dell‘isotopo nel Mg ha rivelato che il materiale di Bi/Mg emette ioni, sessanta volte più positivi rispetto a quelli emessi dal Magnesio puro, da noi conosciuto.