Brano 28
“Guido io!” disse Ariette inciampando sui grandini della scalinata del disco pub. Si fermò mugolante per massaggiarsi la caviglia indolenzita.
“Sei fuori come un glande, non stai neanche in piedi”, commentò René.
Il Villata rise volgare, pregustando una mezz’ora di strade di fuoco, e annuì.
“Certo che guido io, la macchina è mia”, concluse la donna convinta, mentre birra, gin e lime rifluivano gorgogliando dallo stomaco all’esofago. E al contrario.
Li caricò in macchina, infilò un micro disco nel lettore, che subito riprodusse un frenetico e monotono ritmo psico drum. Accese il motore, partì, accelerò facendo fischiare le ruote.
Troppo. Era troppo. La mente di René si riempì di scandalo: Ariette gracidava la canzoncina, Ted taceva.
Parlò René: “Villata, ti spiacerebbe spegnere tua moglie e comunicarle la meta?”
“Dovrei?”
“Mi sto divertendo un manipolo…”, disse sfolgorando Ariette, “dove si va?”
“A Riccione, gioia.”
“Che bello, è un casino di tempo che non si frequenta… sarà da… ieri sera alle undici. Ti piace correre René?”, domandò lei.
“No”, rispose lui, tenendo d’occhio il contachilometri, che diceva centotrenta.
“Hai paura, ti caghi sotto, dillo?!” commento il Villata.
“Non ti preoccupare”, disse Ariette, non ho mai cuccato un incidente, e sono anni che guido!”
“Dai, rilassati, dove hai detto che andiamo?”
“A Riccione, e non passare dal lungo mare che ci mettiamo sei ere glaciali.”
La donna rise: “Siete matti, siete proprio fuori di testa! Che cazzo ci andiamo a fare a Riccione? Perché perdere tempo? Andiamo a casa mia?! Telefono a Julia e vi organizzo un’ammucchiata da sballo. E’ una transessuale iper e non lo fa per soldi ma per amicizia, crede nell’amore assoluto e nei rapporti aperti, a due, a tre, a trentatre…”
Allora il Villata capì, lei non poteva desiderare di fare l'amor col nano. Doveva essersi narcotizzata veramente troppo. "Ariette, ti sei fatta di nuovo? Sei troppo fuori.”
“Solo un goccio di nervocode Ted, scusa, ho pagato con la tua carta al bancone.”
“Ma boia schifoso marcio! Ti avevo detto di non drogarti!” urlò Ted, sbiancando come un cencio.
Ariette, per farsi perdonare, propose una puntata al parco di Covignano, una corsa verso Senigallia sull’autostrada contromano, un gelato da un chilo in coppa gigante, bowling e Imax 3D notturno.
“Non saprei come scegliere”, singhiozzò René.
“Fermati, pazza d’una scema!” urlò il Villata. “Dovevi svoltare a sinistra verso Riccione, cazzarola! Guido io!!”
“Non afferro, vorresti essere più chiaro?”, si limitò a chiedere Ariette, inchiodando bruscamente in mezzo alla strada.
“Non meniamocela, cambiamo di sedile, siamo quasi in ritardo!!”
Ted Villata, diplomato in economia e commercio, che faceva il contabile e non contava niente, non riusciva più a fare tenere i conti psicologici con le donne. Tre follie psichiche in due giorni erano in eccesso.
“Non ti ricordavo così carino Ted, hai un’aria sminchiata… non ti lascio se non ti sconvolgo prima dell’alba, giuro. In fondo sei mio marito, un'orgetta te la meriti.”
Il tachimetro segnava centottanta, parecchio, anche per il rettifilo Rimini - Riccione. Lo stava sconvolgendo eccome, il cuore gli schiattava in gola per la rabbia.
“E’ qui! E’ qui! Gira in quel vicolo a destra!”, urlò René nell’orecchio destro del Villata.
C. C. C: - Cus Cus Cesena: la festa era in pieno svolgimento, dall’interno le note duellavano con l’intenso brusio della calca per farsi ascoltare. In strada almeno cento poliziotti in borghese, mescolati ai ragazzi, sorvegliavano, scocciati, ma pronti a sopprimere chiunque stesse loro sul culo.
Riprese a piovere e tutti si rifugiarono nella zona coperta: la pioggia scendeva ormai da trentasei giorni su tutta l’Europa.
Entrarono, rispettando le istruzioni. Si diressero spediti verso la direzione. Di fronte alla porta stava impalato il mostro panciuto che li aveva visti qualche ora prima. Non fiatò. Si limitò ad aprire, trattenendo con il braccio, grasso come tre zamponi, René e Ariette: “Voi aspettate. Andate a farvi un intruglio, dance e… aspettate. Tu puoi seguire il tuo destino... per di là! La porta è quella."
“Permesso, buona sera.”
“Avanti, avanti, bisognoso, sei in ritardo, ma sai cosa ti dico?! Prima che ti trovino, trovarli tu, sòchmell!” gracchiò il boss, con un perfetto accento modenese, mentre Ted gli passava la Carta d’Identificazione.
“Questa ragazzo non vale più un casso, lo sai? Vorresti regolare la parcella con la vecchia solfa ‘Foto, Identità Fiscale & Bancomat’?! Ma sei scemo?”
Ted sfilò da uno scomparto segreto del giubbotto una grossa mazzetta di denaro e varie carte di credito.
“Mi farai morire dal piangere. Da ieri, ragazzo, nessuno, può comprare usando denaro contante, assegni, cambiali, carte di credito… ma sì, sei proprio scemo.”
“Il problema è quello.”
“Intuivo. Mò alora, ragiona, se i ciccioli in circolo sono sostituiti da cifre di dare ed avere trattate elettronicamente dai computer, come facciamo?”
“Ti do il doppio.”
“Mò alora, non capisci, patacca, come faccio a riscuotere?! E’ critico riciclare mallopponi in contanti. Forse per un caffé o una cena, qualche cicciolino lo prendono ancora, ma solo se non gli hanno ancora installato le postazioni di paga col sanguinaccio e la porchetta!”
Rise agitandosi sulla sedia come un saltimbanco ubriaco, dandosi delle incredibili pacche sulle ginocchia.
“Lo vuoi un bel avana de Cuba per dimenticare?”
“I sigari mi fanno tossire e poi… non saprei come pagartelo.”
“Lo vedi?! Solo il baratto ci permette di sfidare i teppisti del capitale globale!”
“Il problema è lì, se no non avevo bisogno di documenti falsi.”
“Guido io!” disse Ariette inciampando sui grandini della scalinata del disco pub. Si fermò mugolante per massaggiarsi la caviglia indolenzita.
“Sei fuori come un glande, non stai neanche in piedi”, commentò René.
Il Villata rise volgare, pregustando una mezz’ora di strade di fuoco, e annuì.
“Certo che guido io, la macchina è mia”, concluse la donna convinta, mentre birra, gin e lime rifluivano gorgogliando dallo stomaco all’esofago. E al contrario.
Li caricò in macchina, infilò un micro disco nel lettore, che subito riprodusse un frenetico e monotono ritmo psico drum. Accese il motore, partì, accelerò facendo fischiare le ruote.
Troppo. Era troppo. La mente di René si riempì di scandalo: Ariette gracidava la canzoncina, Ted taceva.
Parlò René: “Villata, ti spiacerebbe spegnere tua moglie e comunicarle la meta?”
“Dovrei?”
“Mi sto divertendo un manipolo…”, disse sfolgorando Ariette, “dove si va?”
“A Riccione, gioia.”
“Che bello, è un casino di tempo che non si frequenta… sarà da… ieri sera alle undici. Ti piace correre René?”, domandò lei.
“No”, rispose lui, tenendo d’occhio il contachilometri, che diceva centotrenta.
“Hai paura, ti caghi sotto, dillo?!” commento il Villata.
“Non ti preoccupare”, disse Ariette, non ho mai cuccato un incidente, e sono anni che guido!”
“Dai, rilassati, dove hai detto che andiamo?”
“A Riccione, e non passare dal lungo mare che ci mettiamo sei ere glaciali.”
La donna rise: “Siete matti, siete proprio fuori di testa! Che cazzo ci andiamo a fare a Riccione? Perché perdere tempo? Andiamo a casa mia?! Telefono a Julia e vi organizzo un’ammucchiata da sballo. E’ una transessuale iper e non lo fa per soldi ma per amicizia, crede nell’amore assoluto e nei rapporti aperti, a due, a tre, a trentatre…”
Allora il Villata capì, lei non poteva desiderare di fare l'amor col nano. Doveva essersi narcotizzata veramente troppo. "Ariette, ti sei fatta di nuovo? Sei troppo fuori.”
“Solo un goccio di nervocode Ted, scusa, ho pagato con la tua carta al bancone.”
“Ma boia schifoso marcio! Ti avevo detto di non drogarti!” urlò Ted, sbiancando come un cencio.
Ariette, per farsi perdonare, propose una puntata al parco di Covignano, una corsa verso Senigallia sull’autostrada contromano, un gelato da un chilo in coppa gigante, bowling e Imax 3D notturno.
“Non saprei come scegliere”, singhiozzò René.
“Fermati, pazza d’una scema!” urlò il Villata. “Dovevi svoltare a sinistra verso Riccione, cazzarola! Guido io!!”
“Non afferro, vorresti essere più chiaro?”, si limitò a chiedere Ariette, inchiodando bruscamente in mezzo alla strada.
“Non meniamocela, cambiamo di sedile, siamo quasi in ritardo!!”
Ted Villata, diplomato in economia e commercio, che faceva il contabile e non contava niente, non riusciva più a fare tenere i conti psicologici con le donne. Tre follie psichiche in due giorni erano in eccesso.
“Non ti ricordavo così carino Ted, hai un’aria sminchiata… non ti lascio se non ti sconvolgo prima dell’alba, giuro. In fondo sei mio marito, un'orgetta te la meriti.”
Il tachimetro segnava centottanta, parecchio, anche per il rettifilo Rimini - Riccione. Lo stava sconvolgendo eccome, il cuore gli schiattava in gola per la rabbia.
“E’ qui! E’ qui! Gira in quel vicolo a destra!”, urlò René nell’orecchio destro del Villata.
C. C. C: - Cus Cus Cesena: la festa era in pieno svolgimento, dall’interno le note duellavano con l’intenso brusio della calca per farsi ascoltare. In strada almeno cento poliziotti in borghese, mescolati ai ragazzi, sorvegliavano, scocciati, ma pronti a sopprimere chiunque stesse loro sul culo.
Riprese a piovere e tutti si rifugiarono nella zona coperta: la pioggia scendeva ormai da trentasei giorni su tutta l’Europa.
Entrarono, rispettando le istruzioni. Si diressero spediti verso la direzione. Di fronte alla porta stava impalato il mostro panciuto che li aveva visti qualche ora prima. Non fiatò. Si limitò ad aprire, trattenendo con il braccio, grasso come tre zamponi, René e Ariette: “Voi aspettate. Andate a farvi un intruglio, dance e… aspettate. Tu puoi seguire il tuo destino... per di là! La porta è quella."
“Permesso, buona sera.”
“Avanti, avanti, bisognoso, sei in ritardo, ma sai cosa ti dico?! Prima che ti trovino, trovarli tu, sòchmell!” gracchiò il boss, con un perfetto accento modenese, mentre Ted gli passava la Carta d’Identificazione.
“Questa ragazzo non vale più un casso, lo sai? Vorresti regolare la parcella con la vecchia solfa ‘Foto, Identità Fiscale & Bancomat’?! Ma sei scemo?”
Ted sfilò da uno scomparto segreto del giubbotto una grossa mazzetta di denaro e varie carte di credito.
“Mi farai morire dal piangere. Da ieri, ragazzo, nessuno, può comprare usando denaro contante, assegni, cambiali, carte di credito… ma sì, sei proprio scemo.”
“Il problema è quello.”
“Intuivo. Mò alora, ragiona, se i ciccioli in circolo sono sostituiti da cifre di dare ed avere trattate elettronicamente dai computer, come facciamo?”
“Ti do il doppio.”
“Mò alora, non capisci, patacca, come faccio a riscuotere?! E’ critico riciclare mallopponi in contanti. Forse per un caffé o una cena, qualche cicciolino lo prendono ancora, ma solo se non gli hanno ancora installato le postazioni di paga col sanguinaccio e la porchetta!”
Rise agitandosi sulla sedia come un saltimbanco ubriaco, dandosi delle incredibili pacche sulle ginocchia.
“Lo vuoi un bel avana de Cuba per dimenticare?”
“I sigari mi fanno tossire e poi… non saprei come pagartelo.”
“Lo vedi?! Solo il baratto ci permette di sfidare i teppisti del capitale globale!”
“Il problema è lì, se no non avevo bisogno di documenti falsi.”