Brano 41
Julia, Paolo e Ariette videro le fitte nubi dell’atmosfera forate dalle vette innevata di una catena montuosa. I velivoli si assestarono a poco più di un chilometro dal suolo, poi scesero lentamente. Una cima si aprì per accoglierli. I dischi si posarono sulla pista di una base spaziale, dove stazionavano migliaia di velivoli di vari modelli.
Li accolsero due donne, d’oltre due metri e cinquanta, con i capelli biondissimi, la pelle bianca come marmo e gli occhi azzurri luminosi: sembrava che anche loro emettessero fotoni in fase.
Indossavano candide tuniche ed al collo avevano una croce a tre bracci, il mitico Tau greco. Paolo e Julia li seguirono, nel più totale silenzio.
Entrarono in un salone dove, attorno ad una grandiosa tavola rotonda ad anelli concentrici, sedevano donne, uomini e bambini con le mani giunte e le teste basse; fra loro spiccava una persona autorevole, imponente, con una barba rada e lunghi capelli chiari, divisi da una riga mezzana. Il suo volto era imperscrutabile.
Julia e gli accompagnatori andarono ad occupare tre sedie vuote attorno alla tavola: “Tu non hai ancora un posto, ma se vuoi partecipare alla meditazione siedi su quello sgabello nel primo cerchio, accanto a Colui che è”, disse la donna a Paolo.
Tutti si misero a pregare ed anche Paolo, che non lo faceva dai tempi della prima comunione, entrò in una dimensione d’unione universale con tutte le menti delle persone presenti. Una vibrazione ampia come l’eternità emanò la totalità, e tutti poterono ascoltare: “Io sono colui che è. Ho deciso di essere con i terrestri e loro saranno in me, come Io sono col Padre. E tu, fratello, sei stato scelto per combattere con noi.”
Paolo fu pervaso di gioia e orgoglio, anche se non afferrava il significato di quanto accadeva. Il Maestro gli porse uno strano dossier, e disse: “Leggi tu.”
Garibaldi lo prese con timore reverenziale e iniziò a parlare.
Sentii uscire dalla sua bocca dei suoni a me ormai noti, quelli delle lettere ebraiche.
I fogli si trasformarono in tavolette di cristallo, i suoni divennero segni in rilievo, impressi sulla superficie. Li poteva vedere e sentire con i polpastrelli delle dita, ma non era in grado di decifrarli.
Si fermò provando rammarico, ma alcuni uomini voltatisi verso di lui, gli dissero: "Ti aiuteremo noi, stai tranquillo, la lingua sacra non è impossibile da imparare. "
Il Maestro guardò Paolo, aprì un grosso albo per annotarvi alcune cose, alzando ogni volta lo sguardo verso di lui. I bambini più vicini lo guardarono radiosi, pieni di gioia, e dissero: "Sei accreditato! Il tuo DNA è confermato! Il tuo libro della vita è scritto dall’inizio dei tempi nel Grande Archivio Universale."
“Hai con te i segreti di Toth, Paolo?”
L’uomo gli consegnò il dischetto che, senza alcun ausilio elettro meccanico, proiettò il numero 3, seguito dal pi greco con tutte le sue cifre decimali. “Questo è l’inizio, Paolo. Sei stupito”, disse il Maestro, “ma ora intenderai.”
Il numero iniziò a scorrere. Le cifre iniziali, emettendo ognuna una nota, diedero il via ad un processo melodico, poi le note iniziarono a fondersi producendo accordi, voci sole, cori, sezioni strumentali: una sinfonia di struggente bellezza. La melodia scorreva accompagnata da immagini statiche, visioni, formule, diagrammi.
“E’ una struttura fantastica, sconosciuta, interna allo stesso pi greco!…”, gridò esaltato Paolo.
“Fai scorrere il pensiero, cerca la fine, l’ultima pagina!” ordinò il Maestro.
Fu inutile: l’ultimo numero non esisteva, le cifre si susseguivano senza interruzione.
"Non è possibile", balbettò Paolo.
"Non è possibile, ma è”, rispose in coro la Tavola Rotonda.
“Questo libro è infinito. Nessuna pagina è la prima, nessuna è l'ultima..."
"Non è esatto”, disse il Maestro, “la vicenda ha un principio, una prima pagina: il tre, che gli fa da copertina. Possiamo leggerne il prologo, ma non l'epilogo.”
“E’ una composizione anonima, cui manca la firma dell’autore”, disse Paolo.
“Forse l’Artefice ha un nome illimitato e impronunziabile, possiamo conoscerlo soltanto attraverso i suoi attributi“, suggerì il Maestro. La sua ampiezza pone un problema di fede: la presenza in Lui di vicende innumerabili, di mondi infiniti, le innumerevoli dimore di cui vi parlai, per consolarvi prima di essere crocifisso. Noi possiamo decifrarle, partendo dall’istante”, proseguì il Verace e Fedele.
Julia, Paolo e Ariette videro le fitte nubi dell’atmosfera forate dalle vette innevata di una catena montuosa. I velivoli si assestarono a poco più di un chilometro dal suolo, poi scesero lentamente. Una cima si aprì per accoglierli. I dischi si posarono sulla pista di una base spaziale, dove stazionavano migliaia di velivoli di vari modelli.
Li accolsero due donne, d’oltre due metri e cinquanta, con i capelli biondissimi, la pelle bianca come marmo e gli occhi azzurri luminosi: sembrava che anche loro emettessero fotoni in fase.
Indossavano candide tuniche ed al collo avevano una croce a tre bracci, il mitico Tau greco. Paolo e Julia li seguirono, nel più totale silenzio.
Entrarono in un salone dove, attorno ad una grandiosa tavola rotonda ad anelli concentrici, sedevano donne, uomini e bambini con le mani giunte e le teste basse; fra loro spiccava una persona autorevole, imponente, con una barba rada e lunghi capelli chiari, divisi da una riga mezzana. Il suo volto era imperscrutabile.
Julia e gli accompagnatori andarono ad occupare tre sedie vuote attorno alla tavola: “Tu non hai ancora un posto, ma se vuoi partecipare alla meditazione siedi su quello sgabello nel primo cerchio, accanto a Colui che è”, disse la donna a Paolo.
Tutti si misero a pregare ed anche Paolo, che non lo faceva dai tempi della prima comunione, entrò in una dimensione d’unione universale con tutte le menti delle persone presenti. Una vibrazione ampia come l’eternità emanò la totalità, e tutti poterono ascoltare: “Io sono colui che è. Ho deciso di essere con i terrestri e loro saranno in me, come Io sono col Padre. E tu, fratello, sei stato scelto per combattere con noi.”
Paolo fu pervaso di gioia e orgoglio, anche se non afferrava il significato di quanto accadeva. Il Maestro gli porse uno strano dossier, e disse: “Leggi tu.”
Garibaldi lo prese con timore reverenziale e iniziò a parlare.
Sentii uscire dalla sua bocca dei suoni a me ormai noti, quelli delle lettere ebraiche.
I fogli si trasformarono in tavolette di cristallo, i suoni divennero segni in rilievo, impressi sulla superficie. Li poteva vedere e sentire con i polpastrelli delle dita, ma non era in grado di decifrarli.
Si fermò provando rammarico, ma alcuni uomini voltatisi verso di lui, gli dissero: "Ti aiuteremo noi, stai tranquillo, la lingua sacra non è impossibile da imparare. "
Il Maestro guardò Paolo, aprì un grosso albo per annotarvi alcune cose, alzando ogni volta lo sguardo verso di lui. I bambini più vicini lo guardarono radiosi, pieni di gioia, e dissero: "Sei accreditato! Il tuo DNA è confermato! Il tuo libro della vita è scritto dall’inizio dei tempi nel Grande Archivio Universale."
“Hai con te i segreti di Toth, Paolo?”
L’uomo gli consegnò il dischetto che, senza alcun ausilio elettro meccanico, proiettò il numero 3, seguito dal pi greco con tutte le sue cifre decimali. “Questo è l’inizio, Paolo. Sei stupito”, disse il Maestro, “ma ora intenderai.”
Il numero iniziò a scorrere. Le cifre iniziali, emettendo ognuna una nota, diedero il via ad un processo melodico, poi le note iniziarono a fondersi producendo accordi, voci sole, cori, sezioni strumentali: una sinfonia di struggente bellezza. La melodia scorreva accompagnata da immagini statiche, visioni, formule, diagrammi.
“E’ una struttura fantastica, sconosciuta, interna allo stesso pi greco!…”, gridò esaltato Paolo.
“Fai scorrere il pensiero, cerca la fine, l’ultima pagina!” ordinò il Maestro.
Fu inutile: l’ultimo numero non esisteva, le cifre si susseguivano senza interruzione.
"Non è possibile", balbettò Paolo.
"Non è possibile, ma è”, rispose in coro la Tavola Rotonda.
“Questo libro è infinito. Nessuna pagina è la prima, nessuna è l'ultima..."
"Non è esatto”, disse il Maestro, “la vicenda ha un principio, una prima pagina: il tre, che gli fa da copertina. Possiamo leggerne il prologo, ma non l'epilogo.”
“E’ una composizione anonima, cui manca la firma dell’autore”, disse Paolo.
“Forse l’Artefice ha un nome illimitato e impronunziabile, possiamo conoscerlo soltanto attraverso i suoi attributi“, suggerì il Maestro. La sua ampiezza pone un problema di fede: la presenza in Lui di vicende innumerabili, di mondi infiniti, le innumerevoli dimore di cui vi parlai, per consolarvi prima di essere crocifisso. Noi possiamo decifrarle, partendo dall’istante”, proseguì il Verace e Fedele.