Brano 1
Vivo a Rimini con Elsa, in una casa modesta ma confortevole, ad appena un chilometro dal mare. I nostri due ragazzi sono bravi figlioli, entrambi sposati e grandi lavoratori. La mia esistenza scorreva nella più completa normalità, ma fu sconvolta quando varcai la Soglia, (presente in me o attorno a me, non saprei dire), e iniziai a vedere. Questo è il resoconto delle agghiaccianti scene apocalittiche che mi hanno investito, senza che io facessi nulla per attirarle.
Il termine Apocalisse significa semplicemente "Rivelazione", pertanto spero che la descrizione degli eventi, implicanti il ritorno dello Spirito di Luce nel nostro mondo, serva d’ammonimento. Saremmo prossimi alla nascita di un’epoca splendida, dominata dalla spiritualità, ed imperniata sull’amore tra tutti gli esseri umani sopravvissuti alla catastrofe incombente.
Quella sera di settembre pioveva. La pioggia saluta sempre la fine della stagione turistica, qui da noi. Oltrepassato il limite del ferragosto, il cielo inizia a tingersi di nuvole ostinate e il bel colore del divertimento si fa cupo. Noi siamo abituati e non ci facciamo caso. Avevo lo stomaco gravato di tagliatelle alla carbonara, un cibo torbido per il mio fegato: due porzioni, per far onore alla cucina di mia moglie ed alla mia golosità matura che si avvicina alla pensione. Ero profondamente felice: anche se la digestione tardava e non facevamo l’amore da mesi, mi sentivo sazio ed appagato dal mio banale successo d’uomo comune e dal ticchettio della pioggia sul tetto. Ascoltavo in lontananza la pendola del nonno, che misurava il tempo nel nostro salotto di cretonne blu. Rivedevo mentalmente il buffet con il suo interno foderato di specchietti, dove vegetano i bicchieri di cristallo e le schifose bottiglie di liquori da offrire agli amici, mi sembrò di assopirmi nel rivedere l’immagine di un presentatore televisivo che sollecitava l’ultimo concorrente di un gioco a quiz, quando il mio corpo diventò pesantissimo, sino alla paralisi. Ebbi paura, ed istintivamente aprii gli occhi. Nell’oscurità assoluta vidi bizzarre linee serpeggianti, che si trasformarono in una ruota di porte luminose, ognuna contrassegnata da una lettera dell’ alfabeto ebraico.
Vivo a Rimini con Elsa, in una casa modesta ma confortevole, ad appena un chilometro dal mare. I nostri due ragazzi sono bravi figlioli, entrambi sposati e grandi lavoratori. La mia esistenza scorreva nella più completa normalità, ma fu sconvolta quando varcai la Soglia, (presente in me o attorno a me, non saprei dire), e iniziai a vedere. Questo è il resoconto delle agghiaccianti scene apocalittiche che mi hanno investito, senza che io facessi nulla per attirarle.
Il termine Apocalisse significa semplicemente "Rivelazione", pertanto spero che la descrizione degli eventi, implicanti il ritorno dello Spirito di Luce nel nostro mondo, serva d’ammonimento. Saremmo prossimi alla nascita di un’epoca splendida, dominata dalla spiritualità, ed imperniata sull’amore tra tutti gli esseri umani sopravvissuti alla catastrofe incombente.
Quella sera di settembre pioveva. La pioggia saluta sempre la fine della stagione turistica, qui da noi. Oltrepassato il limite del ferragosto, il cielo inizia a tingersi di nuvole ostinate e il bel colore del divertimento si fa cupo. Noi siamo abituati e non ci facciamo caso. Avevo lo stomaco gravato di tagliatelle alla carbonara, un cibo torbido per il mio fegato: due porzioni, per far onore alla cucina di mia moglie ed alla mia golosità matura che si avvicina alla pensione. Ero profondamente felice: anche se la digestione tardava e non facevamo l’amore da mesi, mi sentivo sazio ed appagato dal mio banale successo d’uomo comune e dal ticchettio della pioggia sul tetto. Ascoltavo in lontananza la pendola del nonno, che misurava il tempo nel nostro salotto di cretonne blu. Rivedevo mentalmente il buffet con il suo interno foderato di specchietti, dove vegetano i bicchieri di cristallo e le schifose bottiglie di liquori da offrire agli amici, mi sembrò di assopirmi nel rivedere l’immagine di un presentatore televisivo che sollecitava l’ultimo concorrente di un gioco a quiz, quando il mio corpo diventò pesantissimo, sino alla paralisi. Ebbi paura, ed istintivamente aprii gli occhi. Nell’oscurità assoluta vidi bizzarre linee serpeggianti, che si trasformarono in una ruota di porte luminose, ognuna contrassegnata da una lettera dell’ alfabeto ebraico.
I segni comunicavano con me, rivelando una personalità propria. Vibravano di un bagliore interno, accompagnato da un suono celestiale, che divenne voce e disse: - Ventidue primarie incoronate nelle mura di Gerusalemme Eterna, ecco le sue 231 RLA. La ruota ritorna avanti e indietro.
Mi sentii trasformato in una stoffa di seta che scorreva attraverso… e provai una sensazione di transito… non saprei dire quale porta mi attirò a sé. Aprii nuovamente gli occhi, come se questi fossero muniti d’infinite palpebre; anche se non riuscivo ad osservare il mio corpo, quanto vedevo era tangibile e sostanziale: interno, giorno, mattino presto, una voce annunciò un buongiorno tecnologico. Dallo sfocato tremolio del Lete notturno emerse il bollettino mondiale, crepitante di cannoneggiamenti.
Una bella signora discinta si risvegliava rilassata. Notai subito le sue tette gagliarde, scoperte da una spallina abbassata della camicia da notte. La visione mi procurò un’eccitazione notevole, subito distratta. Il suo compagno, infatti, continuava a girarsi e rigirarsi, accanto a lei. Leggevo nel suo pensiero un’ansia rabbiosa di non farsi prendere in giro dai giornalisti. La proiezione della scena era perfetta. Potevo osservare i dettagli dell’istante, ascoltare, i profumi, gli odori, i rumori, i suoni, le conversazioni, i pensieri delle persone, le loro sensazioni ed emozioni. Avevo visto un arredamento così avveniristico solo in certi film di fantascienza. Mobili bianchi, essenziali, pavimenti vitrei, oggetti metallici d'uso sconosciuto, disseminati in vari punti, luce diffusa: un'atmosfera fredda, dominata da un enorme schermo televisivo incassato in una parete.
Le immagini bestemmiavano a voce altissima, coprendo le bestemmie sintattiche di un elegante mezzobusto, con strani capelli stopposi, tinti di blu. Un missile aveva colpito il porto di Sopsa, in Georgia, credo. Nessuno poteva prevederlo, la pace regnava da qualche anno, ed ecco che s’era aperto fra Europa, Russia Nazionalsocialista, Circassia ed Urukstan, il temuto contenzioso per il controllo dei porti del Mar Nero. Qui terminavano le bocche ovest di uno dei grandi rami dell’oleodotto del Kazakistan. Questo scendeva lungo il Mar Caspio verso un’altra nazione circassa, l’Azerbaijan, tagliando fuori la Turchia, che poteva contare su oleodotti antiquati e su di un gasdotto a pezzi che l’aveva contrapposta ad Israele.
La ragazza aveva un carattere ostinato, sempre in competizione con sé stessa e con gli altri. Spezzò i pensieri dell’uomo: “Paolo, dormi? Lo so che fai finta, spegni quel multivisore e dammi un bacio.”
"Isabella, sei una cozza" sibilò lui, come se avesse una serpe fra i denti.
"Anzi, visto che sei una giornalista snob, potresti fare l’ostrica. A te non importa delle campagne di guerra, ma dello champagne di pace, per te è tutto lontano, ti piace solo ostentare la tua vanità e farla rendere. Regali, contratti, leccate, non solo metaforiche!"
La strinse con forza.
"Non sei chic e mi stai rompendo le dita" disse lei. "Lasciami la mano! Va bene, parliamone, il mondo libero è in pericolo… che noia questo petrolio!”
Mi sentii trasformato in una stoffa di seta che scorreva attraverso… e provai una sensazione di transito… non saprei dire quale porta mi attirò a sé. Aprii nuovamente gli occhi, come se questi fossero muniti d’infinite palpebre; anche se non riuscivo ad osservare il mio corpo, quanto vedevo era tangibile e sostanziale: interno, giorno, mattino presto, una voce annunciò un buongiorno tecnologico. Dallo sfocato tremolio del Lete notturno emerse il bollettino mondiale, crepitante di cannoneggiamenti.
Una bella signora discinta si risvegliava rilassata. Notai subito le sue tette gagliarde, scoperte da una spallina abbassata della camicia da notte. La visione mi procurò un’eccitazione notevole, subito distratta. Il suo compagno, infatti, continuava a girarsi e rigirarsi, accanto a lei. Leggevo nel suo pensiero un’ansia rabbiosa di non farsi prendere in giro dai giornalisti. La proiezione della scena era perfetta. Potevo osservare i dettagli dell’istante, ascoltare, i profumi, gli odori, i rumori, i suoni, le conversazioni, i pensieri delle persone, le loro sensazioni ed emozioni. Avevo visto un arredamento così avveniristico solo in certi film di fantascienza. Mobili bianchi, essenziali, pavimenti vitrei, oggetti metallici d'uso sconosciuto, disseminati in vari punti, luce diffusa: un'atmosfera fredda, dominata da un enorme schermo televisivo incassato in una parete.
Le immagini bestemmiavano a voce altissima, coprendo le bestemmie sintattiche di un elegante mezzobusto, con strani capelli stopposi, tinti di blu. Un missile aveva colpito il porto di Sopsa, in Georgia, credo. Nessuno poteva prevederlo, la pace regnava da qualche anno, ed ecco che s’era aperto fra Europa, Russia Nazionalsocialista, Circassia ed Urukstan, il temuto contenzioso per il controllo dei porti del Mar Nero. Qui terminavano le bocche ovest di uno dei grandi rami dell’oleodotto del Kazakistan. Questo scendeva lungo il Mar Caspio verso un’altra nazione circassa, l’Azerbaijan, tagliando fuori la Turchia, che poteva contare su oleodotti antiquati e su di un gasdotto a pezzi che l’aveva contrapposta ad Israele.
La ragazza aveva un carattere ostinato, sempre in competizione con sé stessa e con gli altri. Spezzò i pensieri dell’uomo: “Paolo, dormi? Lo so che fai finta, spegni quel multivisore e dammi un bacio.”
"Isabella, sei una cozza" sibilò lui, come se avesse una serpe fra i denti.
"Anzi, visto che sei una giornalista snob, potresti fare l’ostrica. A te non importa delle campagne di guerra, ma dello champagne di pace, per te è tutto lontano, ti piace solo ostentare la tua vanità e farla rendere. Regali, contratti, leccate, non solo metaforiche!"
La strinse con forza.
"Non sei chic e mi stai rompendo le dita" disse lei. "Lasciami la mano! Va bene, parliamone, il mondo libero è in pericolo… che noia questo petrolio!”