Brano 43
La pioggia era cessata. Il commissario Peressi si grattò la fronte, alzò il bavero dell’eskimo verde, poi cedette ad una convulsa mitragliata di tosse. Doveva fumare assolutamente qualcosa, ma sapeva di aver finito il pacchetto. Frugò bilioso nelle tasche, tra chiavi, fiammiferi sparsi, stuzzicadenti. Trovò un mozzicone abbastanza lungo, risparmiato per quelle evenienze. Sospirò felice, accese, tossì: “Se esistono veramente… chi sono e da dove vengono?” Erano i quesiti che lo perseguitavano dopo aver parlato con Lupo. Il ragazzo era sano di mente, certamente impaurito e sconvolto, ma sano di mente. Oppure... mentiva per nascondere qualcosa, o diceva il vero. Lo aveva lasciato al sicuro, in questura.
Da mezz’ora stazionava sotto la Torre Littoria di Via Viotti in attesa di Paolo. Quello barava, aveva manipolato il multivisore portatile, figurarsi se era a Lhasa. Fremeva, sperando che gli avrebbe portato notizie risolutive.
Era certo che molti tasselli di quel giallo esagerato sarebbero andati a posto. Aspirò un’altra sostanziosa boccata di fumo e consultò di nuovo l’orologio: finalmente vide Garibaldi farsi largo fra la folla dello shopping serale.
“Eccoti qui, fratello, mi chiedo sempre come fai ad essere così puntuale.”
“Peressi, lo sai, metto l’orologio avanti di venti minuti.”
“Tutto bene? Ti vedo in forma.”
“Puoi dirlo, sono… come dire? Nuovo.” Un bagliore scaturì dalle pupille di Garibaldi colpendo in fronte Peressi, che si sentì letteralmente ricaricato e… tranquillo.
“Come vanno le indagini, Oscar?”
“L’omicidio di padre Pereira è un rompicapo. Nessuna traccia sul cadavere, nessun movente, nessun testimone. Le impronte dell’assassino sono state prodotte da scarpe inesistenti sulla faccia della terra. Però… abbiamo ritrovato Lupo, il figlio della signora Ornella.”
“Fuggito o rapito?”
“Non saprei. Il ragazzo è in uno stato confusionale pazzesco: delira, parla d’alieni, riti di sangue, impianti elettronici…”
“Rapito.”
“E come fai a dirlo con tanta sicurezza?”
“Hanno invitato anche me a fare un giretto attorno al globo.”
“State diventando tutti pazzi… per te sarà un caso d’encefalite liturgica.”
Un secondo lampo di luce, più intenso, colpì Peressi.
“E’ un mondo di dementi. Paolo cosa fai? Cerchi di ipnotizzarmi?”
“Io?”
“Sì, i tuoi occhi hanno qualcosa di strano.”
“Non farci caso, ti spiegherò.”
“Saliamo nel tuo studio?”
“E’ meglio andare in questura, nella camera di sicurezza”, bisbigliò Paolo con un filo di voce. “Il Centro Invisibile di Controllo ci osserva… non hai notato che le telecamere si sono spostate tutte su di noi? Sono informazioni riservatissime, e dopo, vita!” Riprese un tono normale, “ce n’andiamo allo spettacolo che mi hai promesso. Scommetto che è una di quelle feste di lap dance con il battitore che mette all’asta i rapporti orali con le ragazze!”
“Non proprio, in verità non so neppure io di cosa si tratta. Ha a che fare con l’omicidio e il rapimento…” Paolo prese l’amico sotto braccio, strattonandolo: “Okay, idiota, sta zitto e andiamo.”
In pochi minuti furono in Questura. La camera di sicurezza era sorvegliata da tre poliziotti armati. Entrarono, mentre Lupo stava terminando un piatto di carne e patate lesse. Li salutò con un cenno del capo.
“Ti stai riprendendo, ragazzo?” chiese Peressi, con fare bonario.
“Sto meglio… qui mi sento sereno. Adesso dobbiamo prepararci all’incursione di mezza notte.”
“Incursione?” chiese Garibaldi.
“E lui chi è?” domandò Lupo.
“Paolo Garibaldi, pronipote dell’eroe dei due mondi.”
“Altro che due, mi sa che di mondi ce ne sono ben di più. Comunque, per ora sono il direttore della Vigilanza Ecclesiastica, piacere. Tua madre mi ha incaricato di indagare sulla tua scomparsa... e sulla Popol Vuh Press…”
“L’hai fatto?”
“Certo.”
“E cosa hai scoperto?” chiese il ragazzo, molto interessato.
“Credo… tutto, ma senza riportare indietro niente”, rispose Paolo, emettendo dagli occhi un leggero fascio di luce, appena percettibile.
“Hai scoperto più di quanto avresti immaginato.”
“Esatto.”
“Puoi tradurre? Tra pazzi vi capite, vero?!”
“Commissario non ha notato gli occhi luminosissimi del Signor Garibaldi?”
“Lo dicevo che eri strano! Usi un collirio al fosforo? Sei sicuro di stare bene?”
“Niente fosforo, caro Peressi. Accendi il computer e inserisci questo nel lettore.”
Finalmente, Peressi vide il contenuto nel cd di cristallo organico e, come Paolo, si stupì della presunta congiura dei Sauri contro l’umanità.
“Tutto questo travalica la più buona volontà di superare la famosa dicotomia cartesiana. E’ pazzesco, non ci credo.”
“Deve fidarsi, commissario” disse Lupo. “Stia pronto ad affrontare cose veramente fuori del mondo. Chissà che faccia farà sta notte?!”
“D’accordo” disse Peressi, alzandosi dalla sedia. “Queste immagini e i vostri racconti fantastici mi aiuteranno a chiudere il caso al più presto, insieme alla mia carriera. Riassumendo: Lupo è stato rapito dagli alieni sauroidi, che si nascondono sotto mentite spoglie umane, controllano la terra da milioni d’anni e si nutrono di sangue umano. Il mio caro compagno di scuola, Paolo Garibaldi, ha incontrato la concorrenza. Marziani? Venusiani? Macchè, gli angeli in persona! Ho sempre saputo che in te c’è una vena di megalomania, ma questa dei solari che possono viaggiare in ogni dimensione modificando le proprie vibrazioni non me la bevo. Ci vogliono delle prove, cari miei, prove! Sapete cosa sono? Il procedimento scientifico ha come presupposto l’esistenza della realtà e si applica ad una natura che ha la sua consistenza, sia esso un lampo nel cielo, o il teorema di Pitagora, scienza!”
“Lascia tempo allo spazio tempo di sconvolgere le tue certezze. Niente fantasie, tu avrai prove oculari della disgrazia in cui è caduta l’umanità.”
“Senza le informazioni che vi ha dato mia madre”, intervenne il ragazzo, “avreste potuto setacciare il mondo intero senza cavare un ragno dal buco.”
“Ma perché lo ha fatto?” chiese Garibaldi.
“Noi siamo quasi come loro, mi spiace, ma è così.”
“Cioè, se è lecito?” chiese Peressi.
“Mezzi sauri e mezzi solari” precisò Paolo.
“Esatto, ma in me e in mia madre prevale la natura umana, non possiamo andare contro i sentimenti e le emozioni, ci fa ribrezzo nutrirci di sangue…”
“Ci mancavano anche i vampiri, Gesù!” commentò Peressi.
“Proprio Lui, commissario. L’unico che può salvarci. Hanno dovuto impiantarmi, non si fidano della nostra fedeltà, vogliono controllare a distanza il mio comportamento.”
“E hanno ragione…”, commentò Peressi, “se quello che dici è vero, li avete traditi.”
“Lei non può afferrare di cosa stiamo parlando. Fra poco l’intera umanità potrebbe fare la mia fine!”
“Che sfiga, ragazzi!” concluse sarcastico Peressi. “E questo intrafusore ricetrasmittente dove l’avresti?”
“Credo che dovrebbe… dovrebbe… essere ancorato all’ipofisi.”
“Chiamiamo i nostri esperti, e vediamo di togliertelo, sempre che non sia una palla gigantesca”
“Non lo troverete, proprio perché non è gigantesca.”
“Figurati, possiamo usare le apparecchiature più moderne, dai raggi sonda bio spettrali alla risonanza magnetica tridimensionale.
“Niente da fare, è un prodotto nano tecnologico, ha le dimensioni di una macromolecola. Potreste intercettarlo con un microscopio elettronico, ma non sapreste come disattivarlo.”
“Vedrò di neutralizzarlo io”, disse deciso Paolo Garibaldi.
“Pum! Lo dicevo che sei un millantatore”, ma il commissario Peressi dovette credere ai suoi occhi, anzi, a quelli di Paolo. Dalle iridi di Garibaldi partirono due raggi concentrici d’energia ad altissima frequenza, che andarono a posarsi sulla nuca del ragazzo.
“Eccolo, è piccolissimo. Lo disattivo senza frantumarlo, le particelle potrebbero causarti scompensi neuro vegetativi. Lo estrarremo più tardi, con microbisturi guidati da microsonde luminose.”
La pioggia era cessata. Il commissario Peressi si grattò la fronte, alzò il bavero dell’eskimo verde, poi cedette ad una convulsa mitragliata di tosse. Doveva fumare assolutamente qualcosa, ma sapeva di aver finito il pacchetto. Frugò bilioso nelle tasche, tra chiavi, fiammiferi sparsi, stuzzicadenti. Trovò un mozzicone abbastanza lungo, risparmiato per quelle evenienze. Sospirò felice, accese, tossì: “Se esistono veramente… chi sono e da dove vengono?” Erano i quesiti che lo perseguitavano dopo aver parlato con Lupo. Il ragazzo era sano di mente, certamente impaurito e sconvolto, ma sano di mente. Oppure... mentiva per nascondere qualcosa, o diceva il vero. Lo aveva lasciato al sicuro, in questura.
Da mezz’ora stazionava sotto la Torre Littoria di Via Viotti in attesa di Paolo. Quello barava, aveva manipolato il multivisore portatile, figurarsi se era a Lhasa. Fremeva, sperando che gli avrebbe portato notizie risolutive.
Era certo che molti tasselli di quel giallo esagerato sarebbero andati a posto. Aspirò un’altra sostanziosa boccata di fumo e consultò di nuovo l’orologio: finalmente vide Garibaldi farsi largo fra la folla dello shopping serale.
“Eccoti qui, fratello, mi chiedo sempre come fai ad essere così puntuale.”
“Peressi, lo sai, metto l’orologio avanti di venti minuti.”
“Tutto bene? Ti vedo in forma.”
“Puoi dirlo, sono… come dire? Nuovo.” Un bagliore scaturì dalle pupille di Garibaldi colpendo in fronte Peressi, che si sentì letteralmente ricaricato e… tranquillo.
“Come vanno le indagini, Oscar?”
“L’omicidio di padre Pereira è un rompicapo. Nessuna traccia sul cadavere, nessun movente, nessun testimone. Le impronte dell’assassino sono state prodotte da scarpe inesistenti sulla faccia della terra. Però… abbiamo ritrovato Lupo, il figlio della signora Ornella.”
“Fuggito o rapito?”
“Non saprei. Il ragazzo è in uno stato confusionale pazzesco: delira, parla d’alieni, riti di sangue, impianti elettronici…”
“Rapito.”
“E come fai a dirlo con tanta sicurezza?”
“Hanno invitato anche me a fare un giretto attorno al globo.”
“State diventando tutti pazzi… per te sarà un caso d’encefalite liturgica.”
Un secondo lampo di luce, più intenso, colpì Peressi.
“E’ un mondo di dementi. Paolo cosa fai? Cerchi di ipnotizzarmi?”
“Io?”
“Sì, i tuoi occhi hanno qualcosa di strano.”
“Non farci caso, ti spiegherò.”
“Saliamo nel tuo studio?”
“E’ meglio andare in questura, nella camera di sicurezza”, bisbigliò Paolo con un filo di voce. “Il Centro Invisibile di Controllo ci osserva… non hai notato che le telecamere si sono spostate tutte su di noi? Sono informazioni riservatissime, e dopo, vita!” Riprese un tono normale, “ce n’andiamo allo spettacolo che mi hai promesso. Scommetto che è una di quelle feste di lap dance con il battitore che mette all’asta i rapporti orali con le ragazze!”
“Non proprio, in verità non so neppure io di cosa si tratta. Ha a che fare con l’omicidio e il rapimento…” Paolo prese l’amico sotto braccio, strattonandolo: “Okay, idiota, sta zitto e andiamo.”
In pochi minuti furono in Questura. La camera di sicurezza era sorvegliata da tre poliziotti armati. Entrarono, mentre Lupo stava terminando un piatto di carne e patate lesse. Li salutò con un cenno del capo.
“Ti stai riprendendo, ragazzo?” chiese Peressi, con fare bonario.
“Sto meglio… qui mi sento sereno. Adesso dobbiamo prepararci all’incursione di mezza notte.”
“Incursione?” chiese Garibaldi.
“E lui chi è?” domandò Lupo.
“Paolo Garibaldi, pronipote dell’eroe dei due mondi.”
“Altro che due, mi sa che di mondi ce ne sono ben di più. Comunque, per ora sono il direttore della Vigilanza Ecclesiastica, piacere. Tua madre mi ha incaricato di indagare sulla tua scomparsa... e sulla Popol Vuh Press…”
“L’hai fatto?”
“Certo.”
“E cosa hai scoperto?” chiese il ragazzo, molto interessato.
“Credo… tutto, ma senza riportare indietro niente”, rispose Paolo, emettendo dagli occhi un leggero fascio di luce, appena percettibile.
“Hai scoperto più di quanto avresti immaginato.”
“Esatto.”
“Puoi tradurre? Tra pazzi vi capite, vero?!”
“Commissario non ha notato gli occhi luminosissimi del Signor Garibaldi?”
“Lo dicevo che eri strano! Usi un collirio al fosforo? Sei sicuro di stare bene?”
“Niente fosforo, caro Peressi. Accendi il computer e inserisci questo nel lettore.”
Finalmente, Peressi vide il contenuto nel cd di cristallo organico e, come Paolo, si stupì della presunta congiura dei Sauri contro l’umanità.
“Tutto questo travalica la più buona volontà di superare la famosa dicotomia cartesiana. E’ pazzesco, non ci credo.”
“Deve fidarsi, commissario” disse Lupo. “Stia pronto ad affrontare cose veramente fuori del mondo. Chissà che faccia farà sta notte?!”
“D’accordo” disse Peressi, alzandosi dalla sedia. “Queste immagini e i vostri racconti fantastici mi aiuteranno a chiudere il caso al più presto, insieme alla mia carriera. Riassumendo: Lupo è stato rapito dagli alieni sauroidi, che si nascondono sotto mentite spoglie umane, controllano la terra da milioni d’anni e si nutrono di sangue umano. Il mio caro compagno di scuola, Paolo Garibaldi, ha incontrato la concorrenza. Marziani? Venusiani? Macchè, gli angeli in persona! Ho sempre saputo che in te c’è una vena di megalomania, ma questa dei solari che possono viaggiare in ogni dimensione modificando le proprie vibrazioni non me la bevo. Ci vogliono delle prove, cari miei, prove! Sapete cosa sono? Il procedimento scientifico ha come presupposto l’esistenza della realtà e si applica ad una natura che ha la sua consistenza, sia esso un lampo nel cielo, o il teorema di Pitagora, scienza!”
“Lascia tempo allo spazio tempo di sconvolgere le tue certezze. Niente fantasie, tu avrai prove oculari della disgrazia in cui è caduta l’umanità.”
“Senza le informazioni che vi ha dato mia madre”, intervenne il ragazzo, “avreste potuto setacciare il mondo intero senza cavare un ragno dal buco.”
“Ma perché lo ha fatto?” chiese Garibaldi.
“Noi siamo quasi come loro, mi spiace, ma è così.”
“Cioè, se è lecito?” chiese Peressi.
“Mezzi sauri e mezzi solari” precisò Paolo.
“Esatto, ma in me e in mia madre prevale la natura umana, non possiamo andare contro i sentimenti e le emozioni, ci fa ribrezzo nutrirci di sangue…”
“Ci mancavano anche i vampiri, Gesù!” commentò Peressi.
“Proprio Lui, commissario. L’unico che può salvarci. Hanno dovuto impiantarmi, non si fidano della nostra fedeltà, vogliono controllare a distanza il mio comportamento.”
“E hanno ragione…”, commentò Peressi, “se quello che dici è vero, li avete traditi.”
“Lei non può afferrare di cosa stiamo parlando. Fra poco l’intera umanità potrebbe fare la mia fine!”
“Che sfiga, ragazzi!” concluse sarcastico Peressi. “E questo intrafusore ricetrasmittente dove l’avresti?”
“Credo che dovrebbe… dovrebbe… essere ancorato all’ipofisi.”
“Chiamiamo i nostri esperti, e vediamo di togliertelo, sempre che non sia una palla gigantesca”
“Non lo troverete, proprio perché non è gigantesca.”
“Figurati, possiamo usare le apparecchiature più moderne, dai raggi sonda bio spettrali alla risonanza magnetica tridimensionale.
“Niente da fare, è un prodotto nano tecnologico, ha le dimensioni di una macromolecola. Potreste intercettarlo con un microscopio elettronico, ma non sapreste come disattivarlo.”
“Vedrò di neutralizzarlo io”, disse deciso Paolo Garibaldi.
“Pum! Lo dicevo che sei un millantatore”, ma il commissario Peressi dovette credere ai suoi occhi, anzi, a quelli di Paolo. Dalle iridi di Garibaldi partirono due raggi concentrici d’energia ad altissima frequenza, che andarono a posarsi sulla nuca del ragazzo.
“Eccolo, è piccolissimo. Lo disattivo senza frantumarlo, le particelle potrebbero causarti scompensi neuro vegetativi. Lo estrarremo più tardi, con microbisturi guidati da microsonde luminose.”