Brano 39
Due ombre silenziose scivolarono sulla moquette della sala stampa e si affacciarono alla porta della stanza 23: “Salve, vuoi una sigaretta, poliziotto? Ti vedo teso”, bisbigliò Julia.
Paolo Garibaldi trasalì, portando la mano al revolver, ma lei non sembrava avere un atteggiamento ostile e non era armata. Calzava un elegante baschetto protettivo di piombo fine.
“Te l’ho detto che ci saremmo rivisti. Hai trovato quel che cerchi?”
“Chi sei? Che intenzioni hai?”
Ariette, facendo capolino dallo stipite disse: “E’ un’amica, Paolo, ho dovuto dirglielo che volevi venire qua…”
“Ariette?! Non dovresti essere con René?”
“Non fare domande stupide, René deve occuparsi della piramide”, disse Julia, “è una cosa importantissima.”
“Fregatene di quel file, perdi tempo. Ciò che ci serve è in un vecchio CD-ROM.”
“Esistono ancora?”
“Quello di cui parlo io sì.”
“Un supporto arcaico, in un’epoca di chip biologici e software liquido?”
”Che sballo!” mugolò Ariette.
“Mi stai prendendo in giro… non ci credo, è una trappola.”
Il cristallo organico, finalmente, trovò l’ultima password, molto esauriente: coglioni!
Il file si aprì… era vuoto.
“Contento, sbirro in incognito? Credevi che ignorassero il tuo arrivo?”
“E perché non hanno messo in sicurezza il palazzo?”
“Per non destare sospetti e generare panico. Hanno semplicemente spostato il file. La storia che cerchi è nascosta in un CD audio dei Rolling Stones, che si apre solo con l'impronta del dito indice di chi lavora a questo terminale.”
“E come fai a saperlo?”
“Una spia competente indaga e scopre.”
“E adesso dove trovo la persona che lavora qui?”
“Non devi trovare l’uomo ma il suo dito, poliziotto… questo!” disse la donna, ostentando una provetta sigillata.
“Glielo hai tagliato?! Che modi barbari”, disse Ariette.
“Sta notte il degenerato ha voluto sciupare una donna di razza maschile nelle cucine della mensa, e io gli ho fatto questo bel servizio. Prima ho lasciato che mi spogliasse, e mi ficcasse quelle manacce sugli attributi, nel cuocere del senso mi sono fatta dire dov’era il bottino. Una bomboletta di gas anestetizzante, un colpo di bisturi preciso e ho messo il pollicione al sicuro nella formalina. Non preoccuparti dell’aspetto etico, è un funzionario ricchissimo, non gli costerà molto cucinarsene un altro, clonato con l’istaminico. Ricresce in fretta. Potevo anche segargli quell’altro pollicione, ma non ho voluto infierire.”
“E il dischetto?”, chiese Ariette, rubando la domanda dalle labbra di Paolo.
“Per quanto ne so, è qui…”, Julia si chinò per frugare sotto un armadio metallico, “… attaccato col nastro. Eccolo.”
“Era così semplice? Non posso crederci! Sapevano del mio arrivo!”
“Certo.”
“Perché non l’hanno nascosto meglio o spedito in chissà che parte del mondo?”
“Non hanno avuto tempo. Sei stato bravo, ma mi hai solo preceduto di qualche minuto, dovevo farlo sparire io.”
“Perché non l’hai preso prima?”
“Si fidavano di me, ma non abbastanza da rivelarmi dov’era nascosto. Ho indagato per mesi e quando tutto sembrava precipitare, ecco la soffiata decisiva. Era il porco a custodirlo.”
“Ho capito, adesso vuoi rivenderlo ai cinesi”, disse Paolo.
“Palle, io lavoro per salvare l’umanità. Presto! Usciamo prima che si risveglino tutti. Il tuo trasmettitore rudimentale non serve più a niente.”
“E come lo sai?”
“Lo so, si sta esaurendo”, disse Julia, emettendo dagli occhi una luce intensa, come se gli stessi fossero illuminati dall’interno.
Paolo percepì una modificazione di valori psico-fisici, che lo stava trasformando profondamente.
”Venite, usciamo, ci stanno aspettando.”
Julia se li mise sulle spalle e corse. Non potevano che obbedire: la realtà andava di là della più fervida immaginazione. All’uomo sembrava di muoversi rapido come un fulmine, sollevato di qualche centimetro da terra. Fecero il percorso di ritorno in pochi secondi, ritrovandosi sul piazzale della fiera mentre in cielo si stava producendo qualcosa di stupefacente. Le nuvole si erano aperte per lasciar passare due grosse lenti luminose che variavano di colore, passando dal verde scuro al rosso caldo di un fuoco interno. Le forme opalescenti scesero lentamente, ad una decina di metri dal terzetto in attesa. Prima che riuscissero a muovere qualche passo, comparve una scaletta di luce solida.
“Dai, svelti, saliamo!” disse con fermezza Julia.
Paolo ed Ariette erano storditi. Seguirono la donna e si ritrovarono in una stanza sferica vuota, dove i loro corpi potevano, finalmente, riposare assumendo la posizione che preferivano, sempre sostenuti da una forma sottilissima d’energia.
Le lenti schizzarono verso l'alto, perforando il fitto manto nuvoloso. Per qualche minuto i dischi si posero in orbita attorno alla Terra. Julia folgorò Paolo con un secondo sguardo elettrico, molto più intenso: l’uomo si sentì perforare da una luce accecante che lo colpì fra gli occhi. Per lui si dischiuse uno spettacolo grandioso, attraverso oblò energetici che si aprivano qui e là, rispondendo al suo desiderio mentale. Da un lato la volta celeste, illuminata dalla Via Lattea, dall’altro il mondo in tutto il suo fulgore, poi… la frenetica discesa in linea retta verso i ghiacci dell’Himalaya. Sapeva d’istinto che era quella regione del globo.
Due ombre silenziose scivolarono sulla moquette della sala stampa e si affacciarono alla porta della stanza 23: “Salve, vuoi una sigaretta, poliziotto? Ti vedo teso”, bisbigliò Julia.
Paolo Garibaldi trasalì, portando la mano al revolver, ma lei non sembrava avere un atteggiamento ostile e non era armata. Calzava un elegante baschetto protettivo di piombo fine.
“Te l’ho detto che ci saremmo rivisti. Hai trovato quel che cerchi?”
“Chi sei? Che intenzioni hai?”
Ariette, facendo capolino dallo stipite disse: “E’ un’amica, Paolo, ho dovuto dirglielo che volevi venire qua…”
“Ariette?! Non dovresti essere con René?”
“Non fare domande stupide, René deve occuparsi della piramide”, disse Julia, “è una cosa importantissima.”
“Fregatene di quel file, perdi tempo. Ciò che ci serve è in un vecchio CD-ROM.”
“Esistono ancora?”
“Quello di cui parlo io sì.”
“Un supporto arcaico, in un’epoca di chip biologici e software liquido?”
”Che sballo!” mugolò Ariette.
“Mi stai prendendo in giro… non ci credo, è una trappola.”
Il cristallo organico, finalmente, trovò l’ultima password, molto esauriente: coglioni!
Il file si aprì… era vuoto.
“Contento, sbirro in incognito? Credevi che ignorassero il tuo arrivo?”
“E perché non hanno messo in sicurezza il palazzo?”
“Per non destare sospetti e generare panico. Hanno semplicemente spostato il file. La storia che cerchi è nascosta in un CD audio dei Rolling Stones, che si apre solo con l'impronta del dito indice di chi lavora a questo terminale.”
“E come fai a saperlo?”
“Una spia competente indaga e scopre.”
“E adesso dove trovo la persona che lavora qui?”
“Non devi trovare l’uomo ma il suo dito, poliziotto… questo!” disse la donna, ostentando una provetta sigillata.
“Glielo hai tagliato?! Che modi barbari”, disse Ariette.
“Sta notte il degenerato ha voluto sciupare una donna di razza maschile nelle cucine della mensa, e io gli ho fatto questo bel servizio. Prima ho lasciato che mi spogliasse, e mi ficcasse quelle manacce sugli attributi, nel cuocere del senso mi sono fatta dire dov’era il bottino. Una bomboletta di gas anestetizzante, un colpo di bisturi preciso e ho messo il pollicione al sicuro nella formalina. Non preoccuparti dell’aspetto etico, è un funzionario ricchissimo, non gli costerà molto cucinarsene un altro, clonato con l’istaminico. Ricresce in fretta. Potevo anche segargli quell’altro pollicione, ma non ho voluto infierire.”
“E il dischetto?”, chiese Ariette, rubando la domanda dalle labbra di Paolo.
“Per quanto ne so, è qui…”, Julia si chinò per frugare sotto un armadio metallico, “… attaccato col nastro. Eccolo.”
“Era così semplice? Non posso crederci! Sapevano del mio arrivo!”
“Certo.”
“Perché non l’hanno nascosto meglio o spedito in chissà che parte del mondo?”
“Non hanno avuto tempo. Sei stato bravo, ma mi hai solo preceduto di qualche minuto, dovevo farlo sparire io.”
“Perché non l’hai preso prima?”
“Si fidavano di me, ma non abbastanza da rivelarmi dov’era nascosto. Ho indagato per mesi e quando tutto sembrava precipitare, ecco la soffiata decisiva. Era il porco a custodirlo.”
“Ho capito, adesso vuoi rivenderlo ai cinesi”, disse Paolo.
“Palle, io lavoro per salvare l’umanità. Presto! Usciamo prima che si risveglino tutti. Il tuo trasmettitore rudimentale non serve più a niente.”
“E come lo sai?”
“Lo so, si sta esaurendo”, disse Julia, emettendo dagli occhi una luce intensa, come se gli stessi fossero illuminati dall’interno.
Paolo percepì una modificazione di valori psico-fisici, che lo stava trasformando profondamente.
”Venite, usciamo, ci stanno aspettando.”
Julia se li mise sulle spalle e corse. Non potevano che obbedire: la realtà andava di là della più fervida immaginazione. All’uomo sembrava di muoversi rapido come un fulmine, sollevato di qualche centimetro da terra. Fecero il percorso di ritorno in pochi secondi, ritrovandosi sul piazzale della fiera mentre in cielo si stava producendo qualcosa di stupefacente. Le nuvole si erano aperte per lasciar passare due grosse lenti luminose che variavano di colore, passando dal verde scuro al rosso caldo di un fuoco interno. Le forme opalescenti scesero lentamente, ad una decina di metri dal terzetto in attesa. Prima che riuscissero a muovere qualche passo, comparve una scaletta di luce solida.
“Dai, svelti, saliamo!” disse con fermezza Julia.
Paolo ed Ariette erano storditi. Seguirono la donna e si ritrovarono in una stanza sferica vuota, dove i loro corpi potevano, finalmente, riposare assumendo la posizione che preferivano, sempre sostenuti da una forma sottilissima d’energia.
Le lenti schizzarono verso l'alto, perforando il fitto manto nuvoloso. Per qualche minuto i dischi si posero in orbita attorno alla Terra. Julia folgorò Paolo con un secondo sguardo elettrico, molto più intenso: l’uomo si sentì perforare da una luce accecante che lo colpì fra gli occhi. Per lui si dischiuse uno spettacolo grandioso, attraverso oblò energetici che si aprivano qui e là, rispondendo al suo desiderio mentale. Da un lato la volta celeste, illuminata dalla Via Lattea, dall’altro il mondo in tutto il suo fulgore, poi… la frenetica discesa in linea retta verso i ghiacci dell’Himalaya. Sapeva d’istinto che era quella regione del globo.