Brano 22
Una birra scura, il concerto degli Uranian Black, oppure un tango, un caffé? La donna funziona decisa. Indossa una minigonna di plastica rossa, stivali argentati e un impermeabile viola. Si aggira con l’andatura di uno scaricatore di porto per la Mecca moderna di Viale Regina Elena, alla cerca della terra promessa. Entra qui? No, entra là.
“Miserabili… miserabili”, bisbiglia un rottame poggiato al muro di fronte all’ingresso, arrotolandosi una sigaretta. Il multivisore fluttuante sputa un filmato coloratissimo. La donna vorrebbe sedersi ma cammina, cammina, cammina. Il locale è uno stretto budello, un interminabile corridoio sulle cui pareti si aprono cellette con poltrone, divanetti e tavolini.
Nella penombra donne e uomini si comportano come preferiscono, non disdegnando super alcolici, droghe, masturbazione e fellatio. Il corridoio termina in uno spazio più ampio dove si apre una pista da ballo, illuminata da luci incandescenti. Su tutto domina un rumore assordante. Le ore piccole iniziano a mezzanotte e un secondo, e puoi giurarci che una mattonata sugli occhi è più salutare.
“Elò, Ariette, sei dei nostri?!”
Non dice, lo guarda, decide di condividere. Ordina una cosa da bere e pensa: “La noia ti penetra nella pelle, poi ti disintegra le ossa. Ci togliamo persino il saluto, una smorfia, uno scatto e via, a rigurgitare litanie infami sul destino dei diversi.”
Il ragazzo che le siede accanto è più giovane di lei, trenta anni, pelle nera, capelli crespi tinti, stirati, il tipico mulatto biondo-malato.
“Ariette, mi sa che c’è qualcosa che ti intacca, ma datti una mossa.”
“Fottiti, stronzo, che ti frega?!”
Nervosetta, perché, capisco che si era dimenata spesso e volentieri con tipi diversi, ben forniti di droga, e adesso... stava arrivando Ted. Doveva fargli crede che il bambino era suo! Una situazione difficile da accettare per la mia morale di notaio integerrimo, parola di Domenico Bernardini!
“Non so neanche di chi è, e questi fuori di testa manco ci pensano a sorreggermi con dei mondial bit crediti", pensò. "Ted invece mi ama, lavora a Torino e quando può mi manda la grana, così sono costretta a ragionarci su, per rispetto, devo trattarlo come con un sorcio che non sa di essere in trappola. Non deve ricordarsi che non si scopa da un anno, da quella sera al Lido di Venezia. Sono una merda, punto.”
Quand’era pensata da questi pensieri, un po’ di tenerezza scardinava la sua narcosi. Per qualche spesso attimo, la sua mente riassumeva la forza di Ted in risveglio e le sue dolci ed intense tenerezze. Un bel ricordo, solo un lontano “ciò che fu.”
“Ehi, tipica, femmina sposata, una figlia piccola e te ne vai in giro di notte… offrimi una birra.”
“Caro, se vuoi una birra gratis, sai cosa devi sperimentare?”
“No, gioia.”
“Sentimi bene: carica quella beduina di tua sorella in macchina e portala a battere sulla Via Emilia. Ma spingila nella minigonna e cucile in testa il chadòr, che fa più affari.”
“Camomillati, cosa ti pulsa ‘sta sera?…”
“Vuoi saperlo, vuoi saperlo, ma proprio proprio?! Jo atendo un niño, Jean Luc! Un figlio, compriendes d.j terzo mondo?!”
Il ragazzo avvertì una sottile angoscia, simile ad una sfera incandescente che stesse piombando dal cielo per fare a pezzi il suo bunker mentale.
“Non è tuo, tranquillo, viso pallido."
Una birra scura, il concerto degli Uranian Black, oppure un tango, un caffé? La donna funziona decisa. Indossa una minigonna di plastica rossa, stivali argentati e un impermeabile viola. Si aggira con l’andatura di uno scaricatore di porto per la Mecca moderna di Viale Regina Elena, alla cerca della terra promessa. Entra qui? No, entra là.
“Miserabili… miserabili”, bisbiglia un rottame poggiato al muro di fronte all’ingresso, arrotolandosi una sigaretta. Il multivisore fluttuante sputa un filmato coloratissimo. La donna vorrebbe sedersi ma cammina, cammina, cammina. Il locale è uno stretto budello, un interminabile corridoio sulle cui pareti si aprono cellette con poltrone, divanetti e tavolini.
Nella penombra donne e uomini si comportano come preferiscono, non disdegnando super alcolici, droghe, masturbazione e fellatio. Il corridoio termina in uno spazio più ampio dove si apre una pista da ballo, illuminata da luci incandescenti. Su tutto domina un rumore assordante. Le ore piccole iniziano a mezzanotte e un secondo, e puoi giurarci che una mattonata sugli occhi è più salutare.
“Elò, Ariette, sei dei nostri?!”
Non dice, lo guarda, decide di condividere. Ordina una cosa da bere e pensa: “La noia ti penetra nella pelle, poi ti disintegra le ossa. Ci togliamo persino il saluto, una smorfia, uno scatto e via, a rigurgitare litanie infami sul destino dei diversi.”
Il ragazzo che le siede accanto è più giovane di lei, trenta anni, pelle nera, capelli crespi tinti, stirati, il tipico mulatto biondo-malato.
“Ariette, mi sa che c’è qualcosa che ti intacca, ma datti una mossa.”
“Fottiti, stronzo, che ti frega?!”
Nervosetta, perché, capisco che si era dimenata spesso e volentieri con tipi diversi, ben forniti di droga, e adesso... stava arrivando Ted. Doveva fargli crede che il bambino era suo! Una situazione difficile da accettare per la mia morale di notaio integerrimo, parola di Domenico Bernardini!
“Non so neanche di chi è, e questi fuori di testa manco ci pensano a sorreggermi con dei mondial bit crediti", pensò. "Ted invece mi ama, lavora a Torino e quando può mi manda la grana, così sono costretta a ragionarci su, per rispetto, devo trattarlo come con un sorcio che non sa di essere in trappola. Non deve ricordarsi che non si scopa da un anno, da quella sera al Lido di Venezia. Sono una merda, punto.”
Quand’era pensata da questi pensieri, un po’ di tenerezza scardinava la sua narcosi. Per qualche spesso attimo, la sua mente riassumeva la forza di Ted in risveglio e le sue dolci ed intense tenerezze. Un bel ricordo, solo un lontano “ciò che fu.”
“Ehi, tipica, femmina sposata, una figlia piccola e te ne vai in giro di notte… offrimi una birra.”
“Caro, se vuoi una birra gratis, sai cosa devi sperimentare?”
“No, gioia.”
“Sentimi bene: carica quella beduina di tua sorella in macchina e portala a battere sulla Via Emilia. Ma spingila nella minigonna e cucile in testa il chadòr, che fa più affari.”
“Camomillati, cosa ti pulsa ‘sta sera?…”
“Vuoi saperlo, vuoi saperlo, ma proprio proprio?! Jo atendo un niño, Jean Luc! Un figlio, compriendes d.j terzo mondo?!”
Il ragazzo avvertì una sottile angoscia, simile ad una sfera incandescente che stesse piombando dal cielo per fare a pezzi il suo bunker mentale.
“Non è tuo, tranquillo, viso pallido."