Brano 13
Il profilo di un essere umano riverbera sui vetri. “La realtà non dovrebbe esistere”, pensa Ted Villata, ammirando la città dall’alto del trentesimo piano. Forse è colpa dell’immagine d’Eliana, che gli è entrata direttamente nell’anima. Non può dormire, restano solo briciole di tempo per organizzare la fuga.
L’uomo è in canottiera. Si stiracchia, bestemmia, sbadiglia, scavalca una pila di libri, cerca qualcosa sul tavolo, pasticcia in un bicchiere pieno di cicche, trova un mozzicone abbastanza lungo, lo accende.
Va in cucina, pulisce la caffettiera, apre l’acqua, niente acqua. Già, il sistema invisibile di gestione della casa non collabora più. Acqua minerale avanzata e sgasata in bottiglia: riempie la caffetteria, la mette sulla piastra, non si accende, niente gas. Bestemmia, scoreggia, pensa: “Che si fottano, uso il fornello da campeggio”.
Ted Villata indugia sull’immondo panorama del suo bagno, tipico campo di battaglia dopo la battaglia. Si guarda allo specchio appeso sul lavabo, scrolla una bomboletta di schiuma da barba ormai agonizzante: residui di crema sul pelo ispido. Prende un rasoio di plastica con la lama consunta, inizia a radersi, l’acqua minerale sta per finire, il caffé gorgoglia in cucina, il taglio sanguina, bestemmia, la schiuma si secca, corre, prende la caffettiera, la posa sul tavolo tra piatti, bicchieri lerci, avanzi di pollo arrosto, croste di formaggio, pane secco. Cerca un bicchiere nel lavandino, lo risciacqua. Finalmente può bersi il caffé. Si gratta i testicoli, le ascelle, il braccio destro, indossa un paio di calzoni sdruciti, una maglietta nera, si pettina con le dita. Apre un cassetto, arraffa una borsa piena di banconote e carte di credito. “Sarà un problema pagare, chissà quanti non le accettano più?! Tra due giorni solo denaro illusorio, quello vero.”
S’infila un giubbotto ed esce, sbattendo la porta.
La vita ha qualcosa da ridire sullo stato ulcerativo del Ted, ma la realtà continua a scorrere e lui non si preoccupa d’essersi quasi addormentato al volante. La macchina di sua moglie, sì: “Buon Giorno Signora Ariette, si svegli, si concentri, stava per addormentarsi. Le propongo la Marcia Turca di Mozart, informandola che sta percorrendo la tangenziale nord dell’Area Metropolitana di Torino. Se desidera informazioni sulla zona, dica sì, altrimenti dica no e si goda la musica. La vettura non ha problemi, ma per sicurezza le suggeriamo l’attivazione del sistema di riconoscimento digitale, vocale e iridico. Buona giornata.”
Morte alla Polizia Informatica! urla la scritta su un muro e Ted continua a pensare: “La realtà non dovrebbe esistere, perché io non esisto, se non so chi sono come faccio ad esistere? E perché c’ho sto cazzo di volante in mano, e perché vado a Rimini?! Più ci penso e più perdo il senso di me… cos’è questa camorra di voci che c’ho nella testa? Sono sempre in guerra, una propone una cosa, l’altra s’incazza, poi si bastonano, poi fanno pace e giurin giuretta che si amano, e io guardo, obbedisco, e faccio quello che mi dicono… ma dove vado?”
Il profilo di un essere umano riverbera sui vetri. “La realtà non dovrebbe esistere”, pensa Ted Villata, ammirando la città dall’alto del trentesimo piano. Forse è colpa dell’immagine d’Eliana, che gli è entrata direttamente nell’anima. Non può dormire, restano solo briciole di tempo per organizzare la fuga.
L’uomo è in canottiera. Si stiracchia, bestemmia, sbadiglia, scavalca una pila di libri, cerca qualcosa sul tavolo, pasticcia in un bicchiere pieno di cicche, trova un mozzicone abbastanza lungo, lo accende.
Va in cucina, pulisce la caffettiera, apre l’acqua, niente acqua. Già, il sistema invisibile di gestione della casa non collabora più. Acqua minerale avanzata e sgasata in bottiglia: riempie la caffetteria, la mette sulla piastra, non si accende, niente gas. Bestemmia, scoreggia, pensa: “Che si fottano, uso il fornello da campeggio”.
Ted Villata indugia sull’immondo panorama del suo bagno, tipico campo di battaglia dopo la battaglia. Si guarda allo specchio appeso sul lavabo, scrolla una bomboletta di schiuma da barba ormai agonizzante: residui di crema sul pelo ispido. Prende un rasoio di plastica con la lama consunta, inizia a radersi, l’acqua minerale sta per finire, il caffé gorgoglia in cucina, il taglio sanguina, bestemmia, la schiuma si secca, corre, prende la caffettiera, la posa sul tavolo tra piatti, bicchieri lerci, avanzi di pollo arrosto, croste di formaggio, pane secco. Cerca un bicchiere nel lavandino, lo risciacqua. Finalmente può bersi il caffé. Si gratta i testicoli, le ascelle, il braccio destro, indossa un paio di calzoni sdruciti, una maglietta nera, si pettina con le dita. Apre un cassetto, arraffa una borsa piena di banconote e carte di credito. “Sarà un problema pagare, chissà quanti non le accettano più?! Tra due giorni solo denaro illusorio, quello vero.”
S’infila un giubbotto ed esce, sbattendo la porta.
La vita ha qualcosa da ridire sullo stato ulcerativo del Ted, ma la realtà continua a scorrere e lui non si preoccupa d’essersi quasi addormentato al volante. La macchina di sua moglie, sì: “Buon Giorno Signora Ariette, si svegli, si concentri, stava per addormentarsi. Le propongo la Marcia Turca di Mozart, informandola che sta percorrendo la tangenziale nord dell’Area Metropolitana di Torino. Se desidera informazioni sulla zona, dica sì, altrimenti dica no e si goda la musica. La vettura non ha problemi, ma per sicurezza le suggeriamo l’attivazione del sistema di riconoscimento digitale, vocale e iridico. Buona giornata.”
Morte alla Polizia Informatica! urla la scritta su un muro e Ted continua a pensare: “La realtà non dovrebbe esistere, perché io non esisto, se non so chi sono come faccio ad esistere? E perché c’ho sto cazzo di volante in mano, e perché vado a Rimini?! Più ci penso e più perdo il senso di me… cos’è questa camorra di voci che c’ho nella testa? Sono sempre in guerra, una propone una cosa, l’altra s’incazza, poi si bastonano, poi fanno pace e giurin giuretta che si amano, e io guardo, obbedisco, e faccio quello che mi dicono… ma dove vado?”