Brano 19
Scendeva veloce nel cuore della terra, sette, nove, dodici piani. Il giovane Lupo aprì gli occhi, cercando di mettere a fuoco qualche particolare, emergendo da un Lete nel quale era crollato senza colpa. Giaceva su una lettiga, con la testa, le braccia e le mani legate da robuste cinture di materiale plastico.
L’ascensore frusciava lievemente insieme al suo respiro: nonostante la situazione anomala si sentiva tranquillo. Lo avevano sicuramente narcotizzato. Ricordò d’essere stato rapito. Qualcuno gli era accanto. Lupo aveva la testa immobilizzata; grazie ad un movimento degli occhi verso l’alto, riuscì a distinguere, dietro la lettiga, un uomo in camice verde.
La porta si aprì. Una robusta spinta diede inizio ad una carrellata, nella quale gli occhi del ragazzo potevano solo veder scorrere il soffitto del lungo corridoio, illuminato da un’infinita sequenza di piccoli punti luce, soffusi e discreti. Un’atmosfera ovattata rendeva la scena irreale. Non il minimo rumore. La lettiga svoltò a destra per imboccare un corridoio fiancheggiato da varie porte. Ne infilarono una.
Lupo fu lasciato solo, imprigionato sulla lettiga, a guardare il soffitto vitreo, trasparente, dietro al quale riverberavano lampi di luce rosata. Udì alcuni passi leggeri, come di suole gommose su un pavimento lucidissimo. Il primo viso che vide fu quello di un individuo dai lineamenti marcati, occhiali neri, pelle chiarissima, capelli corti, biondo platino, quasi bianchi. Gli liberò la testa. Lupo la sollevò leggermente per osservarlo meglio: indossava un elegante abito nero che contrastava con la camicia, di un bianco quasi fosforescente.
“Dove mi avete portato?” chiese Lupo con un filo di voce.
L’uomo non rispose, un riso maligno gli dipinse le labbra sottili.
“Dove sono?” insistette il giovane. “Cattivo ragazzo. Vogliamo sapere della registrazione che hai rubato.”
“Non so di cosa stia parlando”
“Cosa preferisci? Essere torturato, dissolverti nel nulla o fare l’amore?”
“Che domanda bizzarra”, pensò Lupo, ormai completamente sveglio.
L’uomo in nero gli mollò quattro poderosi sganassoni, senza alterarsi. “Non c’è bisogno che tu scelga. E’ la stessa cosa.”
Si allontanò con passo deciso, oltrepassando una parete come un fantasma. Ma le sorprese non erano finite. Passati pochi secondi, dalla stessa parete entrò una donna nuda, che si avvicinò alla lettiga.
Un corpo strano, di una razza mai vista prima. Era slanciata, agile come una gazzella, una vera rarità: spalle strette, vita sottile, bacino immaturo, un sedere piccolo dai glutei sodi. Braccia e gambe affusolate, muscoli sottili, leggeri, poco consistenti, pelle serica, dorata. Il collo lungo, elegante. Il viso ovale, con gli zigomi forti. Quello di un’albina giapponese, con gli occhi inespressivi, allungati, senza sopracciglia. Le mani: pallide, sottilissime, scarnite, come quelle di una pianista bambina. Un vero capolavoro.
Lupo si sentì un cavatappi quando lei, senza slegarlo, praticò un taglio sul lenzuolo all’altezza dell’inguine, per estrarne delicatamente il pene, iniziando a massaggiarlo gentilmente.
“Calmo, va tutto bene”, disse lei, o meglio comunicò telepaticamente. Lupo iniziò a piagnucolare, digrignando i denti come un bambino spaventato. Pensava, “Non puoi, non devi, non devi approfittare della mia debolezza…”
Mentre il pene diveniva sempre più turgido, lei iniziò a baciarglielo. Non avrebbe voluto farlo, non le dava alcun piacere, ma tentava di trovare una via d’accesso alla sua disperazione.
“Ascoltami, lo so che ti senti oppresso, ma io sono una donna come tante altre.” Sapeva di non poter pretendere troppo da un essere del XXI secolo. Ci voleva molta pazienza. In fondo anche lei era una cavia in quella missione, il suo obiettivo era di raccogliere il seme di Lupo. Non poteva andare tanto per il sottile, ma un chiarimento glielo doveva. La donna non provava sentimenti ed emozioni, però aveva una sorta di razionalità tendente all’ordine, se non alla giustizia. Sentiva una spiegazione fremere in testa, ma quella era una situazione incomprensibile per un uomo primitivo. Lo prese, cercando di rendere l’operazione piacevole per lui, ma rapida.
Mentre Lupo eiaculava, gli sembrò di poter leggere nel pensiero della strana creatura una frase tipo... “Devi capire che ci sono diversi livelli di realtà, analogamente alle varie fasi del sogno.”
Scendeva veloce nel cuore della terra, sette, nove, dodici piani. Il giovane Lupo aprì gli occhi, cercando di mettere a fuoco qualche particolare, emergendo da un Lete nel quale era crollato senza colpa. Giaceva su una lettiga, con la testa, le braccia e le mani legate da robuste cinture di materiale plastico.
L’ascensore frusciava lievemente insieme al suo respiro: nonostante la situazione anomala si sentiva tranquillo. Lo avevano sicuramente narcotizzato. Ricordò d’essere stato rapito. Qualcuno gli era accanto. Lupo aveva la testa immobilizzata; grazie ad un movimento degli occhi verso l’alto, riuscì a distinguere, dietro la lettiga, un uomo in camice verde.
La porta si aprì. Una robusta spinta diede inizio ad una carrellata, nella quale gli occhi del ragazzo potevano solo veder scorrere il soffitto del lungo corridoio, illuminato da un’infinita sequenza di piccoli punti luce, soffusi e discreti. Un’atmosfera ovattata rendeva la scena irreale. Non il minimo rumore. La lettiga svoltò a destra per imboccare un corridoio fiancheggiato da varie porte. Ne infilarono una.
Lupo fu lasciato solo, imprigionato sulla lettiga, a guardare il soffitto vitreo, trasparente, dietro al quale riverberavano lampi di luce rosata. Udì alcuni passi leggeri, come di suole gommose su un pavimento lucidissimo. Il primo viso che vide fu quello di un individuo dai lineamenti marcati, occhiali neri, pelle chiarissima, capelli corti, biondo platino, quasi bianchi. Gli liberò la testa. Lupo la sollevò leggermente per osservarlo meglio: indossava un elegante abito nero che contrastava con la camicia, di un bianco quasi fosforescente.
“Dove mi avete portato?” chiese Lupo con un filo di voce.
L’uomo non rispose, un riso maligno gli dipinse le labbra sottili.
“Dove sono?” insistette il giovane. “Cattivo ragazzo. Vogliamo sapere della registrazione che hai rubato.”
“Non so di cosa stia parlando”
“Cosa preferisci? Essere torturato, dissolverti nel nulla o fare l’amore?”
“Che domanda bizzarra”, pensò Lupo, ormai completamente sveglio.
L’uomo in nero gli mollò quattro poderosi sganassoni, senza alterarsi. “Non c’è bisogno che tu scelga. E’ la stessa cosa.”
Si allontanò con passo deciso, oltrepassando una parete come un fantasma. Ma le sorprese non erano finite. Passati pochi secondi, dalla stessa parete entrò una donna nuda, che si avvicinò alla lettiga.
Un corpo strano, di una razza mai vista prima. Era slanciata, agile come una gazzella, una vera rarità: spalle strette, vita sottile, bacino immaturo, un sedere piccolo dai glutei sodi. Braccia e gambe affusolate, muscoli sottili, leggeri, poco consistenti, pelle serica, dorata. Il collo lungo, elegante. Il viso ovale, con gli zigomi forti. Quello di un’albina giapponese, con gli occhi inespressivi, allungati, senza sopracciglia. Le mani: pallide, sottilissime, scarnite, come quelle di una pianista bambina. Un vero capolavoro.
Lupo si sentì un cavatappi quando lei, senza slegarlo, praticò un taglio sul lenzuolo all’altezza dell’inguine, per estrarne delicatamente il pene, iniziando a massaggiarlo gentilmente.
“Calmo, va tutto bene”, disse lei, o meglio comunicò telepaticamente. Lupo iniziò a piagnucolare, digrignando i denti come un bambino spaventato. Pensava, “Non puoi, non devi, non devi approfittare della mia debolezza…”
Mentre il pene diveniva sempre più turgido, lei iniziò a baciarglielo. Non avrebbe voluto farlo, non le dava alcun piacere, ma tentava di trovare una via d’accesso alla sua disperazione.
“Ascoltami, lo so che ti senti oppresso, ma io sono una donna come tante altre.” Sapeva di non poter pretendere troppo da un essere del XXI secolo. Ci voleva molta pazienza. In fondo anche lei era una cavia in quella missione, il suo obiettivo era di raccogliere il seme di Lupo. Non poteva andare tanto per il sottile, ma un chiarimento glielo doveva. La donna non provava sentimenti ed emozioni, però aveva una sorta di razionalità tendente all’ordine, se non alla giustizia. Sentiva una spiegazione fremere in testa, ma quella era una situazione incomprensibile per un uomo primitivo. Lo prese, cercando di rendere l’operazione piacevole per lui, ma rapida.
Mentre Lupo eiaculava, gli sembrò di poter leggere nel pensiero della strana creatura una frase tipo... “Devi capire che ci sono diversi livelli di realtà, analogamente alle varie fasi del sogno.”