Brano 12
In superficie qualcuno conversava amabilmente in un antico caffé, davanti ad una tazza di cioccolata calda.
“Così sarebbe un incarico fortunato, Ramuel?!” commentò la donna.
“Non è una fortuna conoscere il capo?”
“Sì si, ma cosa ci faccio con questo portachiavi con la piramide?”
“E’ un regalino di un amico importante, realizzato con un materiale preziosissimo. E tu glielo consegnerai mercoledì, durante la Conferenza stampa al Grand Hotel di Rimini, anche se non lo sai ancora, dovrai andarci.”
Nella visione mi resi conto che quei due stavano parlando della mia città, e pensai all’assurdità di andare in un posto in cui ero già… poi mi ricordai d’essere a Torino, in un tempo indefinibile, con una forma enigmatica. Sino a quel momento nessuno aveva notato o intuito la mia presenza, tranne il “Messia”.
La ragazza non rispose, ingessata, bianca come la prima neve. Poi riprese irosamente: “Non se ne parla! Io vado a New York ad intervistare il Presidente dell’ONU, e poi… ho un accordo per segnalarvi persone sospette e fatti che possono interessare l’organizzazione, ma non sono un corriere. Questa volta… trovati un’altra.”
Alcuni avventori, richiamati dal tono di voce, si misero a fissare la coppia. Non appena il gigante si voltò, per fulminarli con un’occhiata fermamente inumana, ripresero a conversare fra loro.
“Siete tutti suonati voi ibridi. Credi ancora di poter decidere cosa fare e cosa non fare?” Ramuel scoppiò in una risata che fece tremare il tavolino e i bicchieri: difficile capire se furente o divertita.
“A cosa serve questo portachiavi?”
“Ah, io non farei domande. Prendilo e custodiscilo bene. Lo darai a lui, senza farti scorgere da nessuno, s’intende.”
In superficie qualcuno conversava amabilmente in un antico caffé, davanti ad una tazza di cioccolata calda.
“Così sarebbe un incarico fortunato, Ramuel?!” commentò la donna.
“Non è una fortuna conoscere il capo?”
“Sì si, ma cosa ci faccio con questo portachiavi con la piramide?”
“E’ un regalino di un amico importante, realizzato con un materiale preziosissimo. E tu glielo consegnerai mercoledì, durante la Conferenza stampa al Grand Hotel di Rimini, anche se non lo sai ancora, dovrai andarci.”
Nella visione mi resi conto che quei due stavano parlando della mia città, e pensai all’assurdità di andare in un posto in cui ero già… poi mi ricordai d’essere a Torino, in un tempo indefinibile, con una forma enigmatica. Sino a quel momento nessuno aveva notato o intuito la mia presenza, tranne il “Messia”.
La ragazza non rispose, ingessata, bianca come la prima neve. Poi riprese irosamente: “Non se ne parla! Io vado a New York ad intervistare il Presidente dell’ONU, e poi… ho un accordo per segnalarvi persone sospette e fatti che possono interessare l’organizzazione, ma non sono un corriere. Questa volta… trovati un’altra.”
Alcuni avventori, richiamati dal tono di voce, si misero a fissare la coppia. Non appena il gigante si voltò, per fulminarli con un’occhiata fermamente inumana, ripresero a conversare fra loro.
“Siete tutti suonati voi ibridi. Credi ancora di poter decidere cosa fare e cosa non fare?” Ramuel scoppiò in una risata che fece tremare il tavolino e i bicchieri: difficile capire se furente o divertita.
“A cosa serve questo portachiavi?”
“Ah, io non farei domande. Prendilo e custodiscilo bene. Lo darai a lui, senza farti scorgere da nessuno, s’intende.”